Premio “Francesco d’Assisi e Carlo Acutis”: p. Albanese, “straordinaria lezione di dottrina sociale della Chiesa”

Il Premio internazionale “Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per un’economia della fraternità” è “stato concepito dopo un lungo discernimento. Il suo statuto è una straordinaria lezione di dottrina sociale della Chiesa. Si può innescare l’agognato cambiamento”. È la convinzione di padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali della diocesi di Roma e membro della Commissione valutativa del premio presentato oggi, nella Filmoteca Vaticana a Palazzo San Carlo. Il Premio, il cui intento è quello di sostenere ogni anno progetti produttivi e generativi avviati soprattutto nelle regioni più povere del mondo attraverso un contributo di 50mila euro, “non solo restituisce dignità alla società civile – ha aggiunto il missionario comboniano – ma, indipendentemente da quello che è l’aspetto economico, così come è stato concepito può essere quel lievito che fa fermentare la massa e ci fa capire che ‘la povertà nella fede è ricchezza dei popoli’”, ha dichiarato citando l’intellettuale beninese Albert Tévoédjrè. “Il messaggio evangelico è incentrato sulla fraternità – ha detto ancora padre Giulio – ma mai come oggi viviamo in una società dove le disuguaglianze gridano vendetta al cospetto di Dio. Oggi meno dell’1% della popolazione mondiale ha una ricchezza superiore al restante 99%”. Le disuguaglianze, ha sottolineato, riguardano anche l’aspetto climatico e ha ricordato che l’Africa, a livello planetario, “contribuisce all’emissione di gas serra solo per il 4%”. Le popolazioni africane che “hanno meno responsabilità rispetto ai Paesi industrializzati” ad oggi “pagano il prezzo più alto per quanto concerne i cambiamenti climatici. Questo grida vendetta al cospetto di Dio – ha rimarcato -. Mai come oggi è importante affermare un messaggio all’insegna della fraternità. L’economia planetaria ha bisogno di redenzione. Il grande merito di Papa Francesco è quello di aver affermato la categoria dei poveri come categorie teologiche”.

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