Medio Oriente: don Di Mauro (Cei), “dalla Conferenza episcopale italiana 3 milioni al progetto ‘Ospedali aperti’. Una risposta alle sofferenze dei siriani”

foto SIR/Marco Calvarese

“3 milioni di euro in tre fasi”: a tanto ammonta il contributo della Cei al progetto “Ospedali aperti” ideato nel 2016, e divenuto operativo nel 2017, grazie all’iniziativa del card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, e all’appoggio del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. A illustrare la partecipazione della Chiesa italiana a questa iniziativa è stato oggi don Leonardo Di Mauro, direttore del Servizio nazionale per gli interventi caritativi a favore del Terzo mondo della Cei, durante il convegno “Ospedali aperti in Siria: per curare i malati, per ricostruire una comunità”, promosso dalla Fondazione Avsi che si occupa della gestione sul campo del progetto. L’obiettivo di “Ospedali aperti” è di assicurare l’accesso gratuito alle cure mediche ai siriani poveri, attraverso il potenziamento di tre ospedali non profit, l’ospedale italiano e l’ospedale francese a Damasco, e l’ospedale St. Louis ad Aleppo, tutti gestiti da congregazioni religiose. In cinque anni, grazie a questa iniziativa, sono stati curate circa 80mila persone (al 2 settembre). Il contributo della Cei, “ancora in corso”, ha spiegato don Di Mauro, si inserisce in un progetto molto più ampio che vede la collaborazione tra vari enti, tra cui il Policlinico Gemelli per il settore medico e sanitario e le tre congregazioni coinvolte che gestiscono gli ospedali in loco. Il contributo è servito per l’acquisto di attrezzature sanitarie per la diagnostica, per la chirurgia e le sale operatorie, per l’assistenza pazienti, per organizzare corsi di formazione per l’utilizzo delle attrezzature mediche, e anche per la fornitura dei dispositivi medici per la lotta al Covid.
“Non si tratta di numeri freddi – ha sottolineato il direttore del Servizio Cei –. I numeri parlano di storie concrete; dietro ogni dato c’è un volto: bambini, donne, anziani, uomini. Sofferenze alle volte indicibili e di difficile narrazione. Ecco perché sarebbe importante compiere lo sforzo di sostituire alla cifra il viso, la lacrima, anche il sorriso per un dono ricevuto – l’accoglienza – in un momento di grande dolore”. “Ospedali aperti”, ha concluso, “diventa invito e monito anche per le nostre realtà ecclesiali. Il Papa parla spesso della Chiesa come ‘ospedale da campo’, questa tensione alla custodia e alla cura delle persone ci riporta al cuore del Vangelo. Una Chiesa-casa-ospedale aperta a tutti, per il bene di tutti. In questo senso il contributo della Cei al progetto diventa anche monito di speranza perché nel mondo tacciano le armi e si giunga finalmente ad una pace stabile e duratura”.

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