Diocesi: Reggio Emilia, ieri sera ricordato a Canolo l’antico parroco don Mario Grazioli nel 50° dalla morte

“Don Mario è stato un regalo, uno di quei regali che il Signore fa senza cerimonie né segni eclatanti e che nel suo caso si è caratterizzato per sapienza, bontà e autorevolezza”. Con queste parole don Fernando Borciani, originario di Canolo (Reggio Emilia) e cresciuto alla scuola del prevosto don Grazioli, ha introdotto ieri sera – festa di San Bartolomeo – la concelebrazione eucaristica nel giorno anniversario del cinquantesimo della morte dell’antico parroco, che dal luglio 1944 all’aprile 1945 fu deportato a Mauthausen e Dacau e che certamente ha lasciato un segno grande nella comunità, come ha dimostrato la folta partecipazione di fedeli alla messa.
Nell’omelia della concelebrazione eucaristica mons. Luciano Monari, vescovo emerito di Brescia, che ha avuto modo di conoscere il canonico Grazioli, commentando il vangelo di San Giovanni ha sottolineato che la fede si trasmette “per contagio” da una persona all’altra e non si impara sui libri; consiste nel credere nell’amore di Dio, che si rivela nelle relazioni umane. Si fa esperienza dell’amore di Gesù attraverso le persone che ci vogliono bene; pertanto ogni credente è debitore della fede alla grazia di Dio e alle persone che l’hanno trasmessa.
Mons. Monari ha così delineato la figura di don Mario Grazioli: padre nelle fede, uomo mite, paterno, preoccupato sempre per i suoi parrocchiani, rispettoso degli altri; ha lasciato una forte impronta nel gruppo dei giovani di Canolo e ha saputo trasmettere la fede con l’insegnamento e soprattutto con l’amore, rendendo testimonianza sempre al Vangelo.
Al termine della liturgia Angela Mazzocchi e Pietro Oleari hanno dato lettura di una drammatica testimonianza dello stesso don Mario sulle sofferenze disumane patite nei lager nazisti, in cui venne deportato assieme a don Enzo Neviani cappellano nell’ospedale correggese.

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