Afghanistan: veto donne in attività umanitarie. Appello di 4 Ong internazionali, “avrà impatto devastante, in gioco sopravvivenza di milioni di persone”

(foto Save the Children)

Il divieto che il governo talebano ha imposto alle donne afgane di svolgere attività umanitarie lavorando nelle Ong può avere un “impatto devastante” e “inimmaginabile”: “È letteralmente una questione di vita e di morte, è in gioco la sopravvivenza di milioni di donne, uomini e bambini che dipendono dall’assistenza umanitaria. Senza il lavoro delle donne non potremo più consegnare aiuti salvavita alle persone più marginalizzate”: è un appello congiunto e accorato quello lanciato oggi, durante una conferenza stampa on line, dai responsabili di Save the Children, World vision, Care international e Consiglio norvegese per i rifugiati. In Afghanistan il 90% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, più di 28 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, tra cui 6 milioni che soffrono la fame. Le donne sono impegnate nel lavoro umanitario come medici, infermieri, counselor, operatrici sul campo, educatrici, counselor, nei settori sicurezza e risorse umane. “Non possiamo lavorare senza il contributo delle donne afgane – ha denunciato Inger Ashing, direttore generale di Save the Children international –. La loro assenza può avere un impatto devastante su tutta la popolazione ma in particolare sulle donne. È una situazione completamente inaccettabile. Se non potremo continuare i nostri programmi migliaia di bambini moriranno, la gente morirà”. Sofia Sprechmann Sineiro, segretario generale di Care international, ha raccontato che a causa della crisi economica e dell’aumento dei prezzi “le donne possono permettersi di acquistare solo un alimento al giorno per la famiglia, in casa sono le ultime a mangiare oppure non mangiano proprio e soffrono la fame. Senza l’aiuto delle operatrici umanitarie che possono raggiungere queste donne in difficoltà non si potrà dare loro aiuto. Chiediamo al governo di rivedere questa decisione e alla comunità internazionale di dimostrare solidarietà per aiutarci a continuare il nostro lavoro salvavita”.
Anche Andrew Morley, direttore generale e presidente di World Vision, ha ribadito le stesse difficoltà: “Questa decisione non è nell’interesse della popolazione afgana. Abbiamo bisogno del lavoro delle donne afgane”. Adam Combs, direttore regionale per l’Asia e l’America Latina del Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) ha sottolineato “l’importanza di avere una voce comune per dire che questo divieto è inaccettabile”. Le 4 Ong internazionali chiedono quindi al governo de-facto di revocare il divieto. Le Nazioni Unite ritengono che se il veto per le Ong rimarrà in vigore, l’assistenza salvavita in Afghanistan sarà ridotta del 50%, escludendo oltre 11,6 milioni donne e ragazze. E se i partner umanitari decideranno di sospendere tutte le operazioni, l’assistenza salvavita verrà a mancare a 23,7 milioni di persone.

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