Natale 2022: card. Petrocchi (L’Aquila), “assurda guerra in Ucraina, ultima sanguinosa vergogna del nostro Continente”

foto SIR/Marco Calvarese

“L’assurda guerra in Ucraina, che ancora si combatte, rappresenta l’ultima sanguinosa vergogna del nostro Continente. Invochiamo l’Altissimo, con unanime costanza, perché gli spiragli di trattative, che si intravedono, possano condurre presto ad una tregua e alla cessazione delle ostilità. I miracoli avvengono anche oggi: chiediamoli! I credenti non possono rassegnarsi di fronte allo scandalo della guerra e debbono mobilitarsi per muovere ‘guerra alla guerra’, con le armi del Vangelo”. È quanto scrive il card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila, nel suo messaggio di Natale diffuso oggi e intitolato “Natale: porta spalancata sulla pace”. Pace, si legge nel testo, “non vuol dire solo assenza di guerra, ma vita fraterna, personale e comunitaria, animata dalla verità e dall’amore. Siamo pure consapevoli che il peccato punta ad uccidere la pace e suscita egoismi ‘conduttori’ di inimicizie e di violenze. Da questo male, che ci portiamo addosso, non siamo in grado di emanciparci da soli: ecco perché ci fa esultare la ‘buona notizia’ che Dio stesso si è mosso, per venirci incontro e riscattarci da questa ‘patologia’ etica, che attacca la mente, il cuore e i rapporti umani”. Celebrare il Natale significa, per il card. Petrocchi, “aprire spazi spirituali, culturali e sociali al Figlio di Dio. Chiediamo, al Signore-che-viene, di seminare e far crescere la Sua pace anzitutto ‘dentro’ di noi. Spesso siamo turbati da un malessere insistente e da scontentezze pervasive che si agitano nei pensieri e nei sentimenti: abitualmente ne attribuiamo la causa a persone ostili o ad eventi esterni ‘sfavorevoli’. Se non siamo capaci di neutralizzare queste letture ‘risentite’ della nostra storia, facilmente veniamo avvolti da rabbia e avvilimento, correnti emotive che inquinano l’esistenza nostra e di quelli che ci stanno vicini. L’incontro con il Signore ci consente di capire ‘chi’ siamo e cosa siamo chiamati a diventare: se ci muoviamo in sintonia con Dio, diventiamo veri ‘amici’ di noi stessi”. Il discepolo che ascolta e segue Gesù, spiega l’arcivescovo, “diventa gradualmente capace non solo di custodire la pace anche in mezzo alle difficoltà, ma sa ‘convertire’ le avversità in preziose ‘risorse’, sul versante evangelico ed esistenziale. Chi è abitato dalla pace dispone pure di una sufficiente scorta di ‘lungimirante pazienza’, in grado di evitare che le difficoltà si infettino con i virus di idee e emozionalità negative, fonti di litigi, dissapori e divisioni”. Il cuore dei “costruttori di pace”, conclude il card. Petrocchi, “non conosce frontiere e non si arrende di fronte al male, anche quando sembra prevalere, convinto che alla fine l’amore vince”.

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