Ucraina: Amnesty International, soppressione delle identità non russe nella Crimea occupata, presa di mira anche libertà di credo e religione

Sin dall’inizio dell’occupazione della Crimea, la Russia ha cercato di cambiare la conformazione etnica della penisola e di sopprimere le comunità ucraina e tatara. È quanto denuncia Amnesty International in una nuova pubblicazione, diffusa in occasione del decimo anniversario dell’annessione illegale della Crimea ucraina da parte della Russia. “La Russia – afferma Patrick Thompson, ricercatore di Amnesty International sull’Ucraina – ha cercato sistematicamente di sradicare le identità ucraina e tatara ostacolando, limitando o impedendo l’uso dell’ucraino e del tataro nell’istruzione, nel giornalismo, nelle celebrazioni nazionali e in altri contesti e stroncando le pratiche religiose e culturali che non si conformavano a quelle adottate da Mosca. Abbiamo anche denunciato il trasferimento forzato della popolazione locale dalla Crimea e quello di civili russi verso la penisola”. Da qui l’appello alla Russia affinché ponga “fine alla soppressione e allo sradicamento delle identità locali nei territori che occupa e alle violazioni dei diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani”. Secondo fonti di Amnesty, la Russia limita la libertà di credo e di religione in Crimea, anche attraverso leggi in base alle quali è reato pregare, predicare o diffondere materiale religioso al di fuori di luoghi specifici autorizzati o senza un permesso ufficiale. Fino al 2023, si sono svolti decine di procedimenti amministrativi per attività missionarie “Illegali”. Secondo Forum 18, un’organizzazione che si occupa di libertà di religione, oltre 50 persone erano state condannate a pesanti multe. In particolare è la popolazione musulmana della Crimea, per lo più tatara, a subire gravi rappresaglie. Le forze di sicurezza russe interrompono ripetutamente le preghiere del venerdì nelle moschee e controllano l’identità di tutte le persone presenti. Svolgono perquisizioni nelle abitazioni private, prendendo di mira soprattutto i tatari, alla ricerca di testi religiosi. Oltre 100 musulmani sono stati processati per accuse infondate di terrorismo e condannati anche a 24 anni di carcere, che stanno scontando in Russia. Nell’aprile 2017 la Corte suprema russa ha designato i Testimoni di Geova come organizzazione “estremista” e ha vietato questa religione in Russia e nella Crimea occupata: alle 22 congregazioni presenti nella penisola, con circa 8.000 fedeli, è stata tolta la registrazione. Almeno 12 testimoni di Geova sono stati condannati a sei anni di carcere o a pene persino superiori solo per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di credo o di religione. La Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kyiv (dal 2018 denominata Chiesa ortodossa dell’Ucraina) ha rifiutato di presentare una nuova richiesta di registrazione ai sensi della legge russa. Alcuni rappresentanti del suo clero hanno rifiutato di prendere il passaporto russo e sono stati costretti a lasciare la Crimea. Nel primo anno di occupazione, la Chiesa aveva perso 38 delle sue 46 parrocchie, ora non ne ha più alcuna. Nel maggio 2023 le autorità di fatto hanno sfrattato illegalmente la Chiesa dalla cattedrale di Simferopol. Anche i mezzi d’informazione e i giornalisti indipendenti sono nel mirino delle autorità d’occupazione, in particolare quelli in lingua tatara.

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