Neonato lasciato nella “Culla per la vita”: Aibi, “rispettiamo il dono della mamma di Enea”

Sono passate poco più di 24 ore da quando il piccolo Enea è stato lasciato dalla mamma che lo ha messo al mondo nella “Culla per la vita” della clinica Mangiagalli di Milano e in queste poche ore è stato detto di tutto. “Il gesto di una donna che ha scelto per il bene di suo figlio e che, se dal punto di vista personale chiede giusto silenzio, dal punto di vista politico e sociale rinnova l’esigenza di una legge per promuovere le culle per la vita e il parto in anonimato”, afferma Aibi-Amici dei bambini. Secondo l’associazione questa mamma “ha preso una decisione sicuramente difficilissima ma anche piena di grande altruismo e generosità: decidere di mettere al mondo un bambino che si ritiene di non essere in grado di mantenere e affidarlo a un luogo e delle persone che se ne prenderanno cura da subito, aprendogli la strada per una vita normale, come quella di ogni bambino che nasce”. Si tratta di “una scelta intima di una mamma e di chi le è più vicino. Può, certo, far sorgere la giusta domanda se sia stato fatto tutto il possibile per aiutare questa donna e riflettere nel migliore dei modi su quale potesse essere la scelta da compiere, ma sgombrando subito il campo che sia una ‘sconfitta’ della società (a prescindere) il fatto che una mamma scelga di dare alla luce un figlio e affidarlo a mani sicure, piuttosto che cercare in tutti i modi di aiutarla per ‘convincerla’ a tenere il figlio con sé”. Il secondo aspetto della vicenda riguarda una domanda: “Se questa mamma non avesse potuto raggiungere la Culla per la vita della Mangiagalli, dove avrebbe abbandonato suo figlio? In Italia, infatti, le Culla per la vita sono solo una sessantina e distribuite in maniera non omogenea sul territorio: nelle ragioni di Basilicata, Molise, Sardegna e Friuli Venezia Giulia, per esempio, non ce n’è neppure una”, e anche in quelle regioni dove ce ne sono di più, come la Lombardia, non tutto il territorio è coperto. Per questo Aibi sta lavorando da tempo ad una proposta di legge per rendere obbligatoria l’istituzione di un Culla per la vita in ogni comune: “Bastano circa 6 mila euro per approntarne una”. Aibi si sorprende però del fatto che questa mamma non abbia pensato di ricorrere al parto in anonimato. “Se fosse una questione di (comprensibile e umano, per quanto sia proprio uno degli aspetti da combattere) imbarazzo, certo tutto il clamore suscitato da questa storia non aiuterà le prossime mamme a valutare questa ipotesi. Se, invece, fosse perché questa pratica non è conosciuta da tutti, il problema sarebbe forse ancora più grave, ma nello stesso tempo più facilmente risolvibile con una campagna di comunicazione efficace e condivisa, se solo ce ne fosse la volontà”.

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