Femminicidio Bologna: Mantelli (Mondo rosa), “serve rivoluzione culturale”

Come proteggere dal femminicidio le donne vittime di violenza e di stalking che hanno sporto denuncia contro un ex che non accetta la fine della loro relazione? “Bisogna tentare di fermare in tempo questi uomini inviandoli in comunità di recupero per uomini maltrattanti. Esistono strutture chiuse nelle quali, durante le fasi di indagine e ascolto dei testimoni, i magistrati potrebbero inviarli costringendoli, intanto, ad iniziare un percorso riabilitativo”. Ad affermarlo in un’intervista al Sir è Isolina Mantelli, presidente del Centro calabrese di solidarietà  con sede a Catanzaro, all’interno del quale è attivo dal 2012 anche “Mondo rosa”, centro antiviolenza e casa rifugio per accogliere donne vittime di violenza di genere con i loro figli, commentando l’uccisione di Alessandra Matteuzzi, lo scorso 23 agosto a Bologna, a quasi un mese dalla denuncia sporta lo scorso 29 luglio. “Questo – assicura Mantelli – metterebbe in sicurezza anche la donna, dal momento che il periodo successivo alla denuncia è il più pericoloso. Per fermare la violenza contro le donne dobbiamo educare quelle che saranno le prossime generazioni, ma nel frattempo dobbiamo tentare di recuperare per quanto possibile i violenti di oggi, mettere in sicurezza le vittime e accelerare i tempi di indagine. Altrimenti continueremo a fare il gioco di questi assassini”.
La responsabile di Mondo rosa sottolinea l’importanza di educare al rispetto della donna fin da piccoli: “Ci vorrebbe una rivoluzione culturale. Noi siamo impegnate con ‘Mondo rosa’ in un’attività capillare di prevenzione andando a parlare nelle scuole, nelle parrocchie, in Comune, presso i servizi sociali. Il potere maschile sulle donne si esprime in tanti modi. Qui in Calabria ve ne sono alcune sottoposte a violenza di tipo economico: donne che lavorano e sono costrette a consegnare i loro guadagni al marito al quale debbono poi chiedere 10 euro per andare dal parrucchiere…”. “Come possiamo pensare ad un cambiamento se permangono ancora sacche nelle quali una certa cultura maschilista e prevaricatrice è accettata e considerata ‘normale’ dalle stesse donne? Abbiamo tanto lavoro da fare anche con loro per aiutarle a sviluppare un’autocoscienza, ma nel momento in cui aprono gli occhi e si ribellano esponendosi al rischio di ritorsioni e violenze, debbono sapere a chi rivolgersi per chiedere protezione”.

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