Pasqua: mons. Moraglia (Venezia), “vicini a chi piange morte e distruzione per le atrocità di una guerra crudele nel cuore dell’Europa”

“Subito un pensiero affettuoso va a chi vive questa festa all’interno della tragedia della guerra che, ogni giorno, sgomenta sempre più per il male che tira fuori dal cuore degli uomini”. Ha esordito così il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, nell’omelia della messa di Pasqua presieduta nella basilica cattedrale di San Marco. “In questa Pasqua – ha proseguito – viviamo il dramma della guerra. Questa tragedia accresce, in noi, il bisogno e la nostalgia di pace, di perdono, di riconciliazione nel rispetto della giustizia e del diritto dei popoli, distinguendo chi è l’aggressore e chi è stato aggredito. Siamo vicini soprattutto con la preghiera a chi piange morte e distruzione per le atrocità di una guerra crudele che si combatte nel cuore dell’Europa, a poca distanza da noi, e che lascerà ferite indelebili nelle future generazioni. Sgomenta pensare ai bambini, agli anziani, ai malati, alle donne”.
“Gesù crocifisso è risorto e, in Lui, davvero la vita ha sconfitto la morte, la luce ha scacciato le tenebre. Questa è la buona notizia di Pasqua”, ha detto ancora Moraglia sottolineando che la lettera ai Colossesi ci ricorda che “quando Cristo, la nostra vita, sarà manifestato, allora anche ogni uomo sarà con lui nella gloria. Preghiamo – ha aggiunto – perché questo avvenga anche nella martoriata Ucraina”.
Con riferimento al brano evangelico della corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro, il patriarca ha affermato: “Qui si dà l’inizio della Chiesa. Nel sepolcro vuoto, nell’entrare titubante timoroso e insicuro da parte di Pietro e Giovanni, si dischiude una vita nuova – quella degli Apostoli e della Chiesa nascente – che sarà confermata dalle apparizioni del Risorto”. “Se noi non percepiamo più la grandezza e l’essenzialità della risurrezione, come realtà che ci coinvolge e cambia la nostra vita – ha concluso -, rimaniamo ancora come i due discepoli di Emmaus chiusi nelle loro paure e certezze umane che precludono il mondo della Pasqua”.

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