Settimana liturgica nazionale: mons. Gianotti (Crema), “potrebbe avere una valenza missionaria uno stile celebrativo sempre più contemplativo”

“La fede non è una quantità misurabile a piacere. Per questo la celebrazione liturgica, oltre a non pretendere di dominare la libertà del Risorto, non può controllare la fede dei credenti o la loro partecipazione”. Lo ha detto mons. Daniele Gianotti, vescovo di Crema e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la liturgia e la catechesi, intervenendo oggi alla Settimana nazionale di liturgia. “La celebrazione – continua – è attestazione della fede ma dentro gli itinerari sono differenziati e si tratta di tener conto di queste differenze”. “Nel futuro – ha sostenuto – avremo sempre quelli che stanno nei primi banchi ma anche quelli che stanno sulla soglia. Avremo dei curiosi, insieme alla piccola comunità dei praticanti regolari”. Mons. Gianotti ha evidenziato tre sfide principali per l’attuale contesto: quella della “ospitalità benevolente e dedicata anche di chi sta sulla soglia”, quella della preoccupazione e cura di ciò che facciamo e infine quella della differenziazione della celebrazione. “Il rito – ha aggiunto – ha certamente i suoi limiti però porta in sé la capacità di creare un ambiente in cui ci si può riconoscere”. Riguardo alle diverse culture sempre più emergenti nella società, Gianotti ha sostenuto: “Le differenze di numero, ambiente, cultura e spiritualità delle nostre comunità ci sono sempre state. Forse oggi ne abbiamo una consapevolezza più attenta. Dobbiamo fare i conti con comunità piccole e disperse. Siamo chiamati a farci carico di queste situazioni”. “Ogni comunità ha il diritto di celebrare i santi misteri con verità, dignità e bellezza. Certo, bisogna tener conto delle risorse in maniera realistica, senza pressapochismi, sciatterie e banalizzazioni. Non si tratta di fare meno, ma di fare meglio”. Altra dimensione da valorizzare nella liturgia è quella missionaria per il vescovo di Crema: “La dimensione missionaria nasce dal fatto che incontriamo persone che sono ai margini o che stanno sulla soglia, pensiamo ai funerali o alle cerimonie a cui partecipano anche i non credenti. Che immagini diamo della comunità cristiana in questi contesti? Potrebbe avere una valenza missionaria uno stile celebrativo sempre più contemplativo, non per accalappiare chissà chi ma unicamente perché siamo contenti di essere insieme davanti al Signore”. “Se qualcuno – ha concluso – entrando vedesse una celebrazione così, di bellezza, gioiosa, forse si interrogherebbe su cosa rende le persone felici della propria fede”.

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