Diocesi: mons. Delpini (Milano) a operatori sanitari, “bisognerebbe farvi un monumento di riconoscenza, ammirazione e stupore”

“Le Sue mani, carissima, carissimo, sanno dell’umanità molto più di tanti sapientoni che in ogni momento pronunciano sentenze, scaricano quantità di parole, fanno scendere sulla povera gente piogge di interminabili sequenze di immagini. Invece Lei tocca l’umanità, le Sue mani con i guanti passano sulle ferite, sui punti doloranti, ‘sentono’ il fremito e la paura, le rughe e la tenerezza. Le mani con i guanti conoscono la fragilità delle persone, la loro voglia di vivere o l’angoscia di morire, il desiderio di compagnia, l’invocazione del sollievo”. Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, si rivolge agli operatori sanitari nella lettera “Dovrebbero farle un monumento” a loro dedicata e che lui stesso consegnerà personalmente ai destinatari nel corso delle sue visite nelle strutture ospedaliere. La prima è in programma mercoledì 30 giugno (ore 10) al Centro cardiologico Monzino di Milano.
“Non è di marmo, bronzo” ma è “impastato di riconoscenza, di ammirazione e di grande stupore”, il “monumento che si dovrebbe fare” a “infermieri, operatori socio-sanitari, ausiliari socio-assistenziali”, spiega l’arcivescovo, riflettendo sull’impegno di cura che non riguarda mai solo i corpi. “Forse anche attraverso la Sua opera e pazienza – nota mons. Delpini – si può aiutare una persona a riconoscere di avere paura, a trovare risorse di fede per sostenere il dolore e pensare alla morte, a parole e gesti di bontà per consolare e aiutare i compagni di stanza, i malati ‘che stanno peggio di me’”.
“I cappellani che passano in reparto, i preti che visitano i malati a casa mi raccontano storie edificanti di quello che persone come Lei riescono a fare”, prosegue l’arcivescovo, consapevole che “curando i corpi, distribuendo medicine, medicando ferite si avviano anche percorsi di saggezza, di conversione, di ritrovata speranza e stima di sé”.
“Il prendersi cura delle persone – ammonisce Delpini – non è mai solo un lavoro e tutti Le riconoscono quel coinvolgimento equilibrato che consente la compassione senza essere destabilizzante”. “Proprio per l’equilibrio tra i diversi aspetti della vita e quello personale, è doveroso che, anche chi cura gli altri, si prenda cura di sé. L’animo umano, come il fisico, richiede attenzioni”, l’esortazione dell’arcivescovo, che sottolinea come “tutti abbiamo bisogno di pregare, di pensare, di riposare, di controllare istinti e passioni, ritmi di vita e abitudini alimentari. Per la mia esperienza, mi permetto di suggerire soprattutto la sapienza nella gestione del tempo”.

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