Haiti: Port-au-Prince, bande armate assaltano carcere e 3.600 detenuti fuggono. Ceh chiede di conoscere cause e circostanze esplosione che ha ferito mons. Dumas

Stato di emergenza di 72 ore a Port-au-Prince, capitale di Haiti, e nelle aree circostanti. Lo ha decretato il Governo haitiano, dopo nella notte di sabato bande armate hanno preso d’assalto il maggior carcere del Paese provocando una fuga di massa dei detenuti.
Secondo la ricostruzione dei media locali e delle maggiori agenzie internazionali, circa 3.600 detenuti sarebbero fuggiti dal penitenziario nazionale di Port-au-Prince, su una popolazione carceraria di oltre 3.800 persone. Una minoranza di detenuti avrebbe preferito restare in carcere, sentendosi maggiormente al sicuro lì che nelle strade. Secondo l’agenzia Afp, durante l’assalto al carcere sarebbero morte circa dieci persone.
Nel frattempo, la Conferenza episcopale haitiana (Ceh) chiede con forza al Governo di chiarire le cause e le circostanze dell’esplosione che due settimane fa ha provocato il grave ferimento di mons. Pierre-André Dumas, vescovo di Anse-à-Veau/Miragoâne, mentre si trovava a Port-au-Prince. “Le autorità della Chiesa di Roma, le altre Chiese sorelle, la Chiesa di Haiti, tutti i cittadini del Paese devono sapere cosa ha causato questa enorme esplosione. Per questo, nel secondo comunicato della Conferenza episcopale, abbiamo detto che attendiamo senza indugio i risultati delle indagini della Polizia scientifica per sapere cosa è successo e prendere le decisioni del caso”, scrivono i vescovi, che proseguono: “Come tutti sappiamo, mons. Dumas sta soffrendo molto. La sua famiglia sta soffrendo. I vescovi, i sacerdoti, i fedeli della diocesi di Anse-à-Veau/Miragoâne, tutti i cittadini di buona volontà stanno soffrendo. Ma c’è speranza. Mons. Dumas continua a essere curato in un ospedale all’estero, negli Stati Uniti. Preghiamo per la sua guarigione. Preghiamo perché possa tornare in mezzo a noi, tornare nella sua diocesi, riprendere il lavoro di annuncio del Vangelo dell’amore, della giustizia e della pace”.
La Ceh ricorda ancora una volta “al Governo, al potere ‘de facto’’ che è responsabile della sicurezza del Paese” che “deve rispondere della vita dei cittadini. Perché una volta che costoro accettano di essere al comando, accettano tutti i privilegi, ma anche tutti gli obblighi e tutti gli oneri che ne derivano. Cosa stiamo facendo per cambiare la situazione delle persone lasciate al loro destino? Cosa stiamo facendo per cambiare il volto di Haiti, il nostro bel Paese?”. Inoltre, l’episcopato continua “a chiedere all’autorità di Polizia i risultati del lavoro della Polizia scientifica che ci aspettiamo. Ribadiamo all’autorità giudiziaria che stiamo aspettando i risultati delle indagini. E chiediamo a Dio pace e giustizia per Haiti”. Nel messaggio, si esprime, inoltre, “solidarietà ai fratelli del Sacro Cuore che sono ancora nelle mani dei rapitori. Siamo solidali con tutti coloro che sono stati rapiti, con tutti coloro che sono stati costretti a fuggire dalle loro case, che hanno perso familiari o beni, non perdete la speranza!”.

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