Diocesi: mons. Lagnese (Capua), “la Chiesa esiste per evangelizzare, se lo dimentica diventa triste e si ammala”

“La Chiesa esiste per evangelizzare, ma tante volte lo dimentica. E quando ciò accade, diventa triste, perde la gioia, si ammala”. Lo ha detto, ieri sera, mons. Pietro Lagnese, nell’omelia della messa in cattedrale per l’inizio del suo ministero episcopale come arcivescovo di Capua.
“Quando si smette di accogliere il Vangelo e di annunciarlo, perdendo il gusto di una vita piena e di una liberazione che il Signore vuole donarci senza interruzione, allora la Chiesa rischia di ammalarsi, di entrare nell’accidia, in una tristezza dolciastra che guasta anche la memoria del passato, che invece di generare una nuova passione per la vita, finisce per alimentare il malinconico ricordo di un tempo che non c’è più o che forse non c’è mai stato. È la sindrome – ha spiegato il presule che è anche vescovo di Caserta – di chi vive bloccato nella memoria del passato e dei tempi belli che furono: noi… quelli che eravamo tanti, noi… quelli che eravamo forti, importanti, noi… quelli che quando si parlava, tutti stavano ad ascoltarci, noi… quelli delle chiese piene. Ora invece… – come ci riesce bene questa parte, staremmo a recitarla per ore! – ora invece, parafrasando la preghiera di Azaria, noi siamo diventati piccoli più di tutti gli altri, ora siamo stati umiliati; ora non abbiamo più – qualcuno starà pensando – …neanche un vescovo tutto per noi! Se questo modo di ragionare generasse un desiderio sincero di conversione, un rinnovato zelo pastorale, una voglia nuova di cambiamento, sarebbe, forse, come nel testo di Daniele (3,37-38), un pensiero buono”. Invece, spesso, “si rivela essere cattivo, velenoso, anzi diabolico, prima di tutto perché non del tutto rispondente alla realtà – non è vero che tutto sia nero e tutto vada male; dirlo significherebbe avere l’occhio malato, significherebbe essere un po’ come l’empio che, dice il salmista, quando vede il bene non lo vede; e, invece, in mezzo a noi, accanto a ciò che non va, c’è tanto bene che avanza e cresce: quanto bene c’è nelle nostre comunità, quanto bene c’è nella Chiesa di Capua; quanti cristiani impegnati e quanti preti, consacrati, che provano a fare sul serio! – ma quel pensiero è velenoso, soprattutto perché, il più delle volte, immobilizza, paralizza; dunque un pensiero malato, che spegne la speranza, che genera uno sguardo tutto ripiegato su di sé, preoccupato di logiche del mondo e tutto spinto all’indietro”. La conseguenza, ha evidenziato mons. Lagnese riprendendo il Papa, “è una Chiesa da museo, una Chiesa tutta arroccata sul passato, nelle zone protette del ‘si è sempre fatto così’, che si attarda in questioni di poco conto, di interessi – i suoi e non quelli di Cristo -, di tornaconti personali e di potere”.
“Quando invece la Chiesa si rimette alla scuola del Vangelo e si pone nuovamente ad annunciarlo, essa torna a essere giovane e scopre la bellezza del dono che è il Cristo vivo, il Crocifisso Risorto, dono ricevuto e da trasmettere. E ritrova la gioia di servire”. Perché ciò avvenga, “perché si rimetta al centro l’impegno per l’evangelizzazione, la Chiesa dev’essere disponibile a ripensarsi, pronta – se ostacolano l’annuncio del Vangelo – a rivedere anche le sue strutture e la sua organizzazione, per ritornare a essere più estroversa, meno concentrata a guardarsi allo specchio, una Chiesa che non sia preda di una sorta d’introversione ecclesiale: sta qui, a me pare, il senso della decisione del Papa di unire in Italia in persona episcopi tante Chiese, e tra esse, anche quelle di Capua e di Caserta!”, ha osservato il presule.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa