Giubileo 2025: mons. Pellegrini (Concordia-Pordenone), “riscoprire il senso vero della nostra umanità e della nostra vita”

La festa della Santa Famiglia di Nazareth che ci invita a guardare alla “consapevolezza di Gesù di essere amato dal Padre e che il Padre ama tutta l’umanità”. Lo ha detto il vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Giuseppe pellegrini, nelle messe di apertura del Giubileo, in diocesi, a Concordia e a Pordenone. Proprio da questo, ha continuato il presule, “che inizia il compito missionario della Chiesa e dei cristiani: annunciare nel mondo l’amore e la salvezza che Dio opera in Gesù. Una Chiesa appassionata di Dio e dell’umanità, che cammina dietro il Maestro insieme ai fratelli e alle sorelle per portare la gioia del Vangelo”.
Il vescovo Pellegrini ha poi sottolineato come l’Anno Santo sia un tempo opportuno per “per sentirci amati da Dio, per accorgerci che ci è vicino e non ci lascia mai soli e anche per riaccendere la speranza, “la più piccola delle virtù, ma la più forte” (papa Francesco)”: le vicende che il mondo sta vivendo purtroppo però stanno offuscando i pensieri di molta gente. Il presule ha poi rinnovato l’invito del Papa a far tacere le armi: “Se guardiamo l’orizzonte del mondo alla fine di quest’anno e all’inizio dell’Anno giubilare, ne rimaniamo spaventati. L’umanità è lacerata dall’odio e dalla violenza e tutto sembra travolto dal male. La guerra russo-ucraina, dopo quasi tre anni, continua con il suo carico di morti e sofferenze. Gaza e altri paesi del medio oriente sono diventati luoghi di distruzione e di morte e in tante parti del mondo continuano a scoppiare devastanti conflitti. Molte persone, uomini, donne e bambini quotidianamente scappano dai loro poveri paesi alla ricerca di una vita più dignitosa, ritrovandosi ad essere ‘richiedenti asilo’. Vi invito a leggere con attenzione e ad accogliere l’accorato appello, che papa Francesco ha rivolto al mondo intero nel suo messaggio natalizio, di lasciarci perdonare da Dio, di riconciliarci tra di noi e di far tacere le armi”. Infine ha invitato tutti quanti a non aver “paura di mettervi in cammino per spalancare la porta del vostro cuore e per aggrapparvi alla speranza senza cedere alla rassegnazione”, a “scorgere quei piccoli segni e gesti presenti nel mondo di oggi. Sono segni di prossimità, di solidarietà e di amore che ci dicono che la speranza non è morta, perché l’amore è più forte della morte e più lungo del tempo della vita”. Solo così, ha concluso il vescovo, “potremo riscoprire il senso vero della nostra umanità e della nostra vita, la sacralità di ogni vita, la gioia della famiglia, della fraternità e l’impegno di donarci agli altri, specialmente ai fratelli e sorelle che sono nel dolore”.

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