Giubileo 2025: mons. Nerbini (Prato), “la speranza appartiene alla nostra identità di battezzati”

(Foto diocesi di Prato)

In millecinquecento hanno partecipato ieri a Prato alla messa solenne d’inizio Giubileo. La cattedrale di Santo Stefano era così piena di fedeli che in molti hanno dovuto seguire la celebrazione in piazza Duomo grazie agli altoparlanti installati per l’occasione. Al termine della funzione il vescovo Giovanni Nerbini è uscito per salutare e ringraziare tutti coloro che hanno partecipato stando al di fuori della cattedrale.
“Rallegratevi nel Signore, sempre. Il Signore è vicino! Pensando all’inizio di questo giubileo andavo cercando quella Parola che ne potesse rappresentare la cifra e la sintesi e ho sentito in questa pressante raccomandazione paolina il pensiero che dovrebbe abitare il cuore e la mente di ogni credente e fiorire sulla sua bocca in questo anno giubilare: Il Signore è vicino!”, ha detto mons. Nerbini nell’omelia. Il vescovo ha sottolineato come troppe volte “ci lasciamo catturare dal male che vediamo attorno a noi e diventiamo puntigliosi nell’elencare le tante cose che non funzionano nella società, nella Chiesa, nella politica come nel mondo più di quanto non riusciamo a cogliere e a gioire per del bene che pure è sotto ai nostri occhi”.
Il tema scelto da Papa Francesco per questo Giubileo è quello della speranza, da qui l’invito di mons. Nerbini a vivere con questo spirito il 2025: “Fuori dalle nostre chiese ci sono uomini e donne che aspettano segni significativi da testimoni credibili. Allora a noi tutti, alle nostre comunità viene chiesto oggi di non sprecare questo tempo di grazia, mettendoci in autentico pellegrinaggio alla sequela di Cristo, prima di tutto rifuggendo dalla presunzione di essere già a posto e vivendo questo impegno nelle nostre famiglie, mettendoci alla scuola della famiglia di Nazaret”.
Tra le varie riflessioni offerte, il vescovo ha citato Sammy Basso, il giovane biologo morto per una rara malattia genetica, che nel suo testamento ha scritto di non aver perso alcuna battaglia, “non c’è stata alcuna battaglia da combattere – ha affermato mons. Nerbini citando le sue parole –, c’è stata solo una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio, né condanna, semplicemente un dono che mi è stato concesso da Dio”. Il vescovo ha terminato dicendo: “La speranza che il Giubileo ci chiede di ripescare nascosta nel profondo del nostro cuore appartiene alla nostra identità di battezzati, deve sempre rinascere dall’incontro con Gesù, che ci apre ad una comprensione nuova, reale di noi, del mondo, del futuro”.
Sul presbiterio è stato posizionato in una teca di vetro realizzata per l’occasione, il Crocifisso dei Bianchi. L’opera trecentesca, realizzata da Giovanni Pisano, era già stata usata 625 anni fa dai pratesi per il Giubileo del 1400 e ora viene nuovamente utilizzata come simbolo del nuovo Anno Santo.

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