Giovanni Paolo I: Falasca (Fondazione vaticana), con lui si è rafforzato “il disegno di una Chiesa conciliare vicina alle genti e alla loro sete di carità”

Nell’incarico “unico e singolare della Cattedra romana ‘che presiede alla carità universale'”, “il pontificato di Giovanni Paolo I era iniziato con la massima semplicità: nessuna incoronazione e gesti che testimoniavano la decisa volontà di riscoprire la dimensione essenzialmente pastorale dell’ufficio papale. La rotta del pontificato si delineava con chiarezza nei suoi primi interventi e nei sei programmatici ‘vogliamo’ contenuti nel radiomessaggio Urbi et orbi pronunciato in latino il 27 agosto 1978”. Lo scrive Stefania Falasca, vicepresidente della Fondazione vaticana Giovanni Paolo I, in un articolo pubblicato sul numero di agosto-settembre di “Vita pastorale”. “Vogliamo”, precisa Falasca, nei quali “a più riprese Luciani dichiarava, in ogni modo, di continuare l’attuazione del Vaticano II: ‘Vogliamo continuare nella prosecuzione dell’eredità del concilio Vaticano II, le cui norme sapienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse, ma improvvida, non ne travisi i contenuti e il significato, e altrettanto che forze frenanti e timide, non ne rallentino il magnifico impulso di rinnovamento e di vita'”.
“Vogliamo” che “riflettevano la comune mentalità ecclesiale e l’unità del collegio cardinalizio che l’aveva eletto, il quale intendeva coniugare, nella volontà di slancio, il ‘balzo innanzi’ di un’eredità comune: quella del Concilio. Non bisogna dimenticare, infatti, che Giovanni Paolo I venne eletto con un consenso ‘quasi plebiscitario’, che aveva il sapore dell’acclamazione, secondo l’espressione attribuita al cardinale belga Léon-Joseph Suenens e che con un Conclave rapidissimo, durato soltanto ventisei ore, Luciani era salito al Soglio di Pietro. O, meglio, vi era disceso, come Servus servorum Dei, abbassandosi al vertice dell’autorità che è quella del servizio voluto da Cristo, se nell’agenda personale del pontificato siglava in calce, con queste parole, l’essere ministri nella Chiesa: ‘Servi, non padroni della Verità'”.
Gli altri cinque “vogliamo” ne delineano così le priorità: “Vogliamo custodire intatta la grande disciplina della Chiesa […] sia nell’esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi. […] Vogliamo ricordare alla Chiesa intera che il suo primo dovere resta quello dell’evangelizzazione. […] Vogliamo continuare lo sforzo ecumenico […] con attenzione a tutto ciò che può favorire l’unione. […] Vogliamo proseguire con pazienza e fermezza in quel dialogo sereno e costruttivo che Paolo VI ha posto a fondamento e programma della sua azione pastorale. […] Vogliamo, infine, favorire tutte le iniziative che possano tutelare e incrementare la pace nel mondo turbato”.
Sono, dunque, questi sei “vogliamo” che “possono far riflettere sulla stringente attualità del suo messaggio. Papa Luciani è stato e rimane un punto di riferimento nella storia della Chiesa universale”, conclude Falasca, sottolineando come il suo magistero e il suo pontificato hanno rafforzato “il disegno di una Chiesa conciliare vicina alle genti e alla loro sete di carità”.

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