Diocesi: mons. Seccia (Lecce), “sintomi della durezza di cuore la disoccupazione, il lavoro nero, le povertà, l’ingiustizia sociale e l’emergenza ambientale”

“Dinanzi agli idoli moderni, ma dalle radici antiche”, Sant’Oronzo “continuerebbe ad annunciare la forza liberatrice e umanizzante che proviene dal Vangelo di Cristo e che smaschera il cuore indurito, indifferente alla luce della verità morale e spesso connivente con il male. Anche la nostra città presenta alcuni sintomi della durezza del cuore”. Lo ha affermato, ieri sera, mons. Michele Seccia, arcivescovo di Lecce, nel Messaggio alla città in occasione del primo giorno di festa patronale in onore dei Santi Oronzo, Giusto e Fortunato. Tra i “sintomi della durezza di cuore”, il presule ha citato “la piaga della disoccupazione e del lavoro nero”. “Certamente – ha osservato – la situazione pandemica ha accentuato la crisi economica della nostra città e del nostro territorio, ma veder tanti disoccupati bussare alla porta del vescovo, delle parrocchie e delle diverse istituzioni non è il segno di una chiusura del cuore di una società, pur ricca, che non riesce ad assicurare il pane quotidiano ai suoi figli?”. E ha aggiunto: “Che dire poi di larghe fasce di gioventù (e non solo!) che, vivendo di puro assistenzialismo, rinunciano a impegnarsi e a progettare il futuro, perché hanno smesso di sognare, non credono in alcun ideale e si sono assuefatti alle mode passeggere divenute conclamati stile di vita. Da questa piazza, allora, desidero chiedere perdono al Signore per questa durezza di cuore che da un lato penalizza i giovani volenterosi e dall’altro genera uno stile educativo non più abituato al sacrificio, alla condivisione di veri ideali e al valore della fatica quotidiana”.
Un altro “sintomo” è “il dramma delle povertà e dell’ingiustizia sociale”, “con inique disuguaglianze tra chi naviga nel lusso e chi vive di stenti”. Di qui l’auspicio che il “Giubileo Oronziano” porti a “rinsaldare i vincoli della solidarietà” e ad “aiutare i poveri e i bisognosi di ogni razza, lingua e cultura. Non basta fornir loro un piatto caldo e un letto per dormire, ma è necessaria una progettualità comune e condivisa tra le Istituzioni civili ed ecclesiali che, partendo dall’opera educativa, porti questi nostri fratelli a riconoscere le cause della povertà materiale, che spesso si ritrovano nell’assenza di amore o nella mancata accettazione di sofferenze passate, per aprirsi alla speranza di un futuro degno e umanizzante. Il dramma della povertà di oggi non è solo materiale, ma è soprattutto culturale e spirituale e spesso genera una pericolosa indifferenza e una passiva rassegnazione!”. E, ancora, “l’emergenza ambientale, frutto dello sfruttamento indiscriminato del nostro territorio”, con le discariche abusive e le falde acquifere “sempre più contaminate dall’irregolare smaltimento dei rifiuti”, oltre “al terribile fenomeno degli incendi dolosi”.

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