Cile: vescovi, “coltivare l’amicizia civica, Governo faciliti regolarizzazione degli haitiani”

Il Comitato permanente della Conferenza episcopale del Cile (Cech) ha avvertito ieri che è essenziale “coltivare un’autentica amicizia civica, che permetta un dialogo nel rispetto reciproco e nel vero ascolto. Intolleranza e demonizzazione non sono la via, ma piuttosto è necessario generare una cultura dell’incontro che integri le differenze e consenta la gestazione di un patto sociale”. Parole pronunciate il 18 agosto, Giornata nazionale della solidarietà, data con cui si rende omaggio a sant’Alberto Hurtado, il santo gesuita cileno di cui sempre ieri si celebrava la festa. Nell’occasione il direttivo della Cech ha diffuso una nota, per “ringraziare tutti coloro che ogni giorno servono i loro fratelli in molteplici iniziative e organizzazioni di solidarietà”.
I vescovi cileni hanno voluto dedicare una menzione particolare a “tutti coloro che in mezzo alla pandemia hanno mostrato una preoccupazione costante per quei fratelli più fragili e indifesi, in particolare nel campo della salute”, mettendo in evidenza gli sforzi del personale sanitario.
Citando le parole di Papa Francesco in Fratelli tutti, i vescovi ricordano che “la solidarietà è molto più di qualche sporadico atto di generosità”, insistendo sulla dimensione comunitaria e sulla necessità di affrontare le cause strutturali dei problemi. Riferendosi alla situazione nel Cile, vedono con speranza che nel Paese si sta sviluppando “un dialogo istituzionale che cerchi una modalità per organizzarci e convivere che sia più rispondente alla dignità delle persone e al desiderio di una maggiore giustizia sociale”.
I vescovi cileni fanno eco anche alla dolorosa situazione ad Haiti e in Afghanistan. E chiedono come gesto concreto al governo cileno “di facilitare la regolarizzazione della situazione migratoria di migliaia di haitiani residenti nella nostra patria, aprendo la possibilità di portare i propri figli e parenti stretti”. Sarebbe un gesto con cui “crescere nell’accoglienza e nell’integrazione di chi fugge dalla povertà, dalla guerra e da altre violenze, cercando una vita più dignitosa per sé e per i propri cari”.

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