Ru486: Noia (Univ. Cattolica), “dopo 7ma settimana fino al 10% di insuccesso. Linee guida non siano rese operative”

In diversi casi, soprattutto dopo la settima settimana di gestazione, malgrado l’assunzione della pillola abortiva Ru486 la gravidanza prosegue, cosicché la donna si trova di fronte al dilemma se “proseguire la gravidanza con il rischio di malformazioni fetali indotte dalla Ru486, oppure ripetere la procedura con un dosaggio più elevato e rischio di maggiori complicazioni, oppure ricorrere all’aborto chirurgico”. A spiegarlo in un’intervista al Sir è Giuseppe Noia, docente di Medicina dell’età prenatale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore dell’Unità operativa complessa hospice perinatale del Policlinico Agostino Gemelli e presidente dell’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc).
Commentando le nuove Linee di indirizzo dello scorso 12 agosto, Noia le boccia seccamente sottolineando “i danni psicologici prodotti dalla Ru486, oltre al fatto che in caso di insuccesso bisogna ricorrere all’intervento chirurgico. Se fino alla settima settimana l’insuccesso era fino al 5%, nelle settimane successive sale fino al 10%”.

Giuseppe Noia

L’auspicio del professore è che queste linee di indirizzo, in quanto tali non obbligatorie, non vengano rese operative dato che i governatori delle Regioni potrebbero fare scelte diverse. “Abbiamo chiesto che non vengano rese operative – conclude – perché i presupposti su cui si basano– come il basso rischio dell’aborto farmacologico – non sono fondati. Inoltre forzano la legge 194 che prevede che l’aborto debba avvenire in strutture ospedaliere, e stravolgono la funzione dei consultori che sempre secondo la 194 dovevano esser luoghi deputati a offrire alternative e aiuto alla donna che avesse deciso di interrompere la gravidanza”.

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