Quaresima: i vescovi del Foggiano contro i clan, “nella nostra Terra di Capitanata non ci manchi il coraggio di denunciare, reagire e agire”

“Come Pastori delle Chiese che sono in provincia di Foggia, dinanzi ai recenti avvenimenti criminosi, facciamo nostre le parole del profeta Isaia: ‘Per amore del nostro popolo non possiamo tacere!’”. Lo scrivono i vescovi della Capitanata nella lettera sulla legalità per la Quaresima, inviata ai fedeli. A firmarla, mons. Vincenzo Pelvi, arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, mons. Luigi Renna, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, mons. Giuseppe Giuliano, vescovo di Lucera-Troia, e mons. Giovanni Checchinato, vescovo di San Severo. “Gli episodi gravi e inquietanti a cui assistiamo – omicidi, tentati omicidi, sparatorie, atti intimidatori ed estorsioni, furti e riciclaggio di denaro proveniente da spaccio e ogni tipo di malaffare – rendono l’intero nostro territorio ad alta esposizione mafiosa e impongono di convertirci a un modo di vivere più trasparente, caratterizzato da onestà, rettitudine e legalità, promuovendo una società più giusta e fraterna”. Segnalando che in quella realtà “la ‘cultura della minaccia’ corrisponde all’agire della mafia e della criminalità organizzata in genere”, i vescovi evidenziano anche che “la ‘paura’ è la risposta omertosa e malata della società civile, che, pensando di difendersi, si dà per sconfitta di fronte al male”. La loro convinzione è che, “anche in contesti ardui e problematici come il nostro”, “è possibile costruire un futuro diverso che semina e raccoglie frutti di legalità, sconfiggendo le ‘strutture di peccato’ e innescando alleanze positive per riedificare nella giustizia la casa comune della nostra Terra di Capitanata”. “Non ci manchi il coraggio di fare un serio esame di coscienza, di denunciare, reagire e agire”, è l’incoraggiamento. La richiesta ai fedeli è di essere “più attenti alla vita delle nostre città, con uno stile di partecipazione democratica che sappia parlare il linguaggio del ‘noi’ e non frantumarsi in molteplici egoismi, che prendono il posto del diritto, rendendo quasi invisibile il confine tra legale e illegale”. Infine, “la rivoluzione che più ci serve”, quella della “giustizia e della legalità”. “Abbandoniamo l’egoismo e l’indifferenza. Capitanata, non lasciarti rubare la speranza”.

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