Papa Francesco: “la vecchiaia non è una malattia”, “andate a cercare gli anziani che vivono soli”

foto SIR/Marco Calvarese

“Anche gli anziani sono il presente e il domani della Chiesa. Sì, sono anche il futuro di una Chiesa che, insieme ai giovani, profetizza e sogna!”. Lo ha esclamato il Papa, ricevendo in udienza i partecipanti al primo Congresso internazionale di pastorale degli anziani, svoltosi in questi giorni all’Augustinianum di Roma per iniziativa del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. “Per questo è tanto importante che i giovani e i nonni parlino tra di loro”, ha aggiunto a braccio. “Quando pensiamo agli anziani e parliamo di loro, tanto più nella dimensione pastorale, dobbiamo imparare a modificare un po’ i tempi dei verbi”, ha spiegato Francesco: “Non c’è solo il passato, come se, per gli anziani, esistessero solo una vita alle spalle e un archivio ammuffito. No. Il Signore può e vuole scrivere con loro anche pagine nuove, pagine di santità, di servizio, di preghiera…”. “La profezia degli anziani si realizza quando la luce del Vangelo entra pienamente nella loro vita”, ha osservato Francesco: “Quando, come Simeone ed Anna, prendono tra le braccia Gesù e annunciano la rivoluzione della tenerezza, la Buona Notizia di Colui che venuto nel mondo a portare la luce del Padre”. “Per questo vi chiedo di non risparmiarvi nell’annunciare il Vangelo ai nonni e agli anziani”, l’invito del Papa: “Andate loro incontro con il sorriso sul volto e il Vangelo tra le mani. Uscite per le strade delle vostre parrocchie e andate a cercare gli anziani che vivono soli. La vecchiaia non è una malattia, è un privilegio! La solitudine può essere una malattia, ma con la carità, la vicinanza e il conforto spirituale possiamo guarirla”. Infine, un pensiero ai nonni: “Al giorno d’oggi, nelle società secolarizzate di molti Paesi, le attuali generazioni di genitori non hanno, per lo più, quella formazione cristiana e quella fede viva, che invece i nonni possono trasmettere ai loro nipoti. Sono loro l’anello indispensabile per educare alla fede i piccoli e i giovani. Dobbiamo abituarci a includerli nei nostri orizzonti pastorali e a considerarli, in maniera non episodica, come una delle componenti vitali delle nostre comunità. Essi non sono solo persone che siamo chiamati ad assistere e proteggere per custodire la loro vita, ma possono essere attori di una pastorale evangelizzatrice, testimoni privilegiati dell’amore fedele di Dio”.

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