Missioni: Enzo Bianchi, “in Europa generazioni senza più alcun contatto con la fede cristiana”

“I mezzi della missione mutano sempre più rapidamente, ma la missione sarà sempre ineludibile perché fa parte dell’essere cristiani”. Lo scrive Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, sul nuovo numero di febbraio del mensile Vita Pastorale, anticipato al Sir. “Siamo di fronte a un mutamento radicale, che riguarda tutta la vita cristiana, la vita della Chiesa, ma in particolare ciò riguarda proprio la missione ad gentes”, aggiunge. Il fondatore della comunità monastica denuncia nell’Occidente “una mancanza di coraggio nel lasciare la propria terra segnata dal benessere per terre che sono ancora toccate dalla fame, dalla miseria e spesso anche dalla violenza e dalla guerra”. “Tutti i cristiani sono chiamati ad assumere la responsabilità di essere inviati a uomini e donne che non conoscono Gesù Cristo; devono, dunque, essere soggetti capaci di esprimere la fede cristiana e, di conseguenza, di edificare la Chiesa con il loro specifico contributo culturale, religioso e umano”. Riflettendo sul fatto che la stessa Europa è “terra di missione”, Bianchi evidenzia che “viviamo in un’epoca che non è soltanto secolarizzata”. “Siamo in un’epoca post-cristiana e nelle nostre terre di antica cristianità ci sono delle situazioni che fanno sì che la missione sia quanto mai urgente. Abbiamo sognato una Chiesa evangelizzante e invece ci troviamo di fronte a una Chiesa non evangelizzata e con generazioni senza più alcun contatto con la fede cristiana”. La via indicata dal fondatore della comunità di Bose è quella di “prendere coscienza dell’indifferenza nei confronti di Dio e della ricerca di lui” per poi adottare “nuovi atteggiamenti per annunciarlo”, con un’attenzione particolare sul fatto che “con la vita umana Gesù Cristo ci ha rivelato Dio e ci porta alla comunione con lui”.

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