Ragazzino disabile seviziato a Torino: la psicoterapeuta Toro, “scelta bersaglio fragile” è “regressione ad atti di sopraffazione del più debole”

“La scelta di un bersaglio fragile evidenzia una regressione a comportamenti di sopraffazione del più debole” per affermare sé stessi. Non è “incapacità di capire, ma deliberata scelta morale”. Lo afferma in un’intervista al Sir Maria Beatrice Toro, psicoterapeuta e direttrice della Scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo interpersonale (Scint), commentando la notte da incubo vissuta lo scorso 31 ottobre da un ragazzino di 15 anni con una disabilità cognitiva, seviziato in modo crudele da tre coetanei in un’abitazione disabitata a Moncalieri. I tre adolescenti — già noti per atti di vandalismo — sono ora indagati dalla Procura per i minorenni di Torino.

Foto Giovanna Pasqualin/SIR

Secondo l’esperta, la violenza non nasce nel vuoto e viene amplificata nei gruppi devianti. Spesso i ragazzi che entrano nella baby-gang “non hanno raggiunto adeguate tappe di sviluppo emotivo e relazionale, faticano a gestire emozioni come rabbia, frustrazione e vergogna, e cercano disperatamente appartenenza”, ma all’interno delle baby gang “la rabbia viene ‘normalizzata’ e trasformata in violenza, che diventa via via più estrema”. La vittima, disabile, è vista come “altro” rispetto al gruppo e non viene più riconosciuta come persona; pertanto, senza “rispecchiamento nell’alter ego”, l’empatia non scatta, il dolore inflitto è consapevole ma ignorato.
Per Toro, questa gravissima vicenda dimostra anche un fallimento “sociale e istituzionale”: segnali e precedenti ignorati, prevenzione assente, linguaggi culturali — come certe canzoni — che normalizzano la violenza. Secondo la psicoterapeuta, recuperare questi ragazzi è possibile solo con interventi sistemici: famiglia, scuola, sport, comunità, servizi sociali e giustizia devono agire insieme. Fondamentali anche esperienze riparative e percorsi psicologici centrati sull’empatia. E per la vittima? Sicurezza, trattamento del trauma, recupero del controllo e, nel tempo, crescita post-traumatica. Perché anche dal dolore può nascere una nuova forza.

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