Dipendenze: Ceart, 5 richieste ai candidati alle Regionali toscane dalla prevenzione alla sanità territoriale

“Non solo droghe e alcol, oggi dipendenze nascono anche da social, gaming, azzardo e farmaci. Per questo chiediamo ai candidati un impegno chiaro, in cinque punti, per intervenire: investire nella prevenzione con interventi precoci, affrontare la rigidità normativa sui titoli di studio per gli operatori, costruire nuovi luoghi di cura e sostegno abitativo, integrare sociale e sanitario nella sanità territoriale e distinguere con chiarezza i percorsi terapeutici dal carcere”. Lo dicono dal Ceart, Coordinamento degli enti accreditati della Regione Toscana, che riunisce 22 enti con 41 sedi, 427 dipendenti e 215 operatori che si occupano della cura e la riabilitazione dalle dipendenze, oltre che della prevenzione, dell’accompagnamento e del reinserimento di migliaia di persone e famiglie.
Cinque i punti del manifesto del Ceart, che hanno l’obiettivo di porre la persona al centro, con percorsi personalizzati e vicini ai bisogni reali. Innanzitutto, “co-programmazione e co-progettazione con la Regione”: “Solo con un dialogo strutturato e una progettazione comune si può passare da azioni isolate a una vera politica regionale sistematica sulle dipendenze. Per questo chiediamo co-programmazione e co-progettazione con la Regione, per inserire stabilmente la prevenzione nel piano regionale sulle dipendenze, definendo insieme obiettivi e priorità e costruendo soluzioni concrete. È importante anche il coinvolgimento attivo di famiglie, scuola e comunità, perché i fattori di protezione nascono da relazioni educative solide, con metodologie evidence-based, che valutino concretamente gli esiti e i cambiamenti nei comportamenti dei ragazzi”.
Poi, “cronicità e marginalità”: “Chi soffre di dipendenze croniche rischia isolamento e ricadute senza adeguati sostegni. Serve un sistema abitativo con diversi livelli di cura e interventi di reinserimento socio-lavorativo. Fondamentale anche l’assistenza domiciliare e territoriale modulata sui bisogni della persona”.
Terzo punto la “sanità territoriale”: “Le dipendenze devono rientrare a pieno titolo nella riforma della sanità territoriale. Occorrono percorsi personalizzati gestiti dagli enti accreditati, dal diurno al domiciliare. Prioritario garantire continuità tra comunità terapeutica e reinserimento per evitare abbandoni”.
Ancora, il “carcere”: “Le comunità terapeutiche non sono luoghi di custodia, ma spazi di cura e riabilitazione. Occorre riaprire un tavolo regionale per migliorare i percorsi alternativi al carcere. Solo unendo istituzioni, enti e terzo settore si può garantire reinserimento e ridurre recidive”.
Infine, i “titoli di studio professionali: Il problema non è la mancanza numerica di operatori, ma l’assenza di profili adeguati e riconosciuti. La rigidità normativa non valorizza le competenze reali di chi lavora da anni nel settore. Serve un intervento regionale che definisca percorsi abilitanti, titoli e riconoscimento dell’esperienza, per garantire qualità dei servizi, e una collaborazione tra Regione, Università e Ceart per formare nuovi professionisti e garantire continuità dei servizi”.
Conclude il Ceart: “Chiediamo che la Regione consideri la prevenzione come un investimento sociale e sanitario strategico, capace di proteggere i giovani e ridurre i costi futuri della marginalità e della cura”.

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