Migranti: Acli, “già 215 morti da inizio anno, invochiamo la pace anche per il Mediterraneo”

“Sono già 215 i migranti morti nel Mediterraneo nel 2024, il doppio rispetto ai decessi registrati nello stesso periodo del 2023, annus horribilis per i naufragi. Un vero bollettino di guerra destinato ad incrementare i suoi numeri nel silenzio delle istituzioni nazionali e dell’intera Comunità europea. La retorica non serve. La strumentalizzazione politica ancora meno. Sono morti, e non hanno colpe. Ma non è una notizia inaspettata, meno ancora sorprendente”. Così le Acli nazionali commentano la notizia dell’ultimo naufragio, con almeno 60 vittime.  Tra loro anche diverse donne e almeno un bambino. A raccontarlo sono stati i naufraghi stremati dalle ustioni e dai morsi della fame e della sete – circa 25 uomini in condizioni di salute precarie – tratti in salvo dalla nave Ocean Viking della ong SoS Mediterranee. L’ennesimo viaggio della speranza con a bordo 12 minori, partito dalla Libia una settimana prima della sciagura, con destinazione Lampedusa. “Numeri della vergogna che occupano per qualche ora le cronache, suscitano reazioni emotive a sprazzi ma non producono interventi e provvedimenti immediati ancorché necessari a salvare le vite di quanti fuggono da guerre, persecuzioni e violenze, nella speranza di poter trovare protezione e riparo”, osservano le Acli. “Un naufragio che fa male, ancora una strage che poteva essere evitata: oggi, come Acli, al ‘Cessate il fuoco’ uniamo anche il ‘Fermiamo le morti nel Mediterraneo'”. “A poco più di un anno dalla strage di Cutro nulla è cambiato”, proseguono, ricordando come già allora “i provvedimenti assunti dal Governo fossero anacronistici e persino ingiusti: un approccio irrazionale e securitario al fenomeno migratorio, che di fatto costringe tanti esseri umani in fuga da situazioni disperate ad entrare dentro l’anonimato dell’irregolarità, senza alcuna prospettiva di integrazione e di riscatto”. Per arginare future possibili tragedie come questa, affermano, “continuiamo incessantemente a chiedere di attivare percorsi sicuri e legali; modi alternativi di arrivare, regolamentati, selezionati e gestiti in maniera controllata, con mezzi sicuri, in tempi normali e con costi umani ed economici accettabili e dignitosi anziché insostenibili, a cui unire politiche di integrazione sociale e culturale davvero praticate. Si faccia presto, la posta in gioco non è solo la vita degli esseri umani che arrivano ma la de-umanizzazione di chi li vede arrivare, senza fare nulla per evitare tali tragedie”.

 

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