Humanities in oncology: Cavanna (Cipomo), “competenze e gentilezza”. Scanni (Cipomo), “così aumenta efficacia cure”

“I pazienti vivono la diagnosi di cancro come uno degli eventi più traumatici e sconvolgenti che abbiano mai affrontato. A prescindere dalla prognosi, la diagnosi comporta un cambiamento dell’immagine di sé e del proprio ruolo sia nella famiglia, sia nel lavoro”. Queste parole di Dan Longo (vicedirettore del New England Journal of Medicine e professore alla Harvard Medical School) vengono ricordate da Luigi Cavanna, past president del Cipomo (Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri), presentando questa mattina in Vaticano la scuola italiana di “Humanities in oncology” di cui è socio fondatore. Per questo, spiega Cavanna, al di là dei “notevoli progressi in campo di diagnosi e di terapia antitumorale, che permettono di guarire percentuali sempre più elevate di pazienti” è fondamentale “trasmettere al malato che non sarà solo ad affrontare la malattia, ma avrà accanto medici ed infermieri, non solo con competenze tecniche ma anche con umana comprensione, vicinanza e gentilezza”. Per Alberto Scanni, presidente emerito e socio fondatore della scuola Cipomo, “quando la persona si confronta con una diagnosi di cancro, umanizzare i suoi percorsi diagnostici terapeutici ed i suoi luoghi di assistenza assume carattere strategico, sia a favore del paziente riguardo la qualità delle cure ricevute e percepite, sia a favore dei sanitari riguardo all’esperienza professionale vissuta”. E a vincere sono tutti. “Numerosi studi – conclude – hanno mostrato che gli effetti di una comunicazione medico-paziente sono maggiormente di appoggio all’efficacia maggiore delle terapie e a un miglioramento della qualità della vita del paziente”.

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