Papa Francesco: ad Asmel, “le aree marginali possono convertirsi in laboratori di innovazione sociale”. “C’è una ‘cultura dello spopolamento’ che viene dalle poche nascite”

Foto Vatican Media/SIR

“C’è in gioco qualcosa di più grande che la qualità della vita e la cura dei territori da cui provenite, che pure meritano ogni sforzo. Da sempre, e anche oggi, sono le aree marginali quelle che possono convertirsi in laboratori di innovazione sociale, a partire da una prospettiva – quella dei margini – che consente di vedere i dinamismi della società in modo diverso, scoprendo opportunità dove altri vedono solo vincoli, o risorse in ciò che altri considerano scarti”. Lo ha affermato, stamattina, Papa Francesco, ricevendo in udienza, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico vaticano, i membri dell’Associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli Enti locali (Asmel). “Le pratiche sociali innovative, che riscoprono forme di mutualità e reciprocità e che riconfigurano il rapporto con l’ambiente nella chiave della cura – dalle nuove forme di agricoltura alle esperienze di welfare di comunità – chiedono di essere riconosciute e sostenute, per alimentare un paradigma alternativo a vantaggio di tutti”, ha sostenuto il Pontefice.
Il Santo Padre ha suggerito ai partecipanti all’udienza “un filone tra i molti a cui prestare attenzione: quello della ricerca di nuovi rapporti tra pubblico e privato, in particolare il privato sociale, per superare impostazioni vecchie e sfruttare appieno le possibilità che oggi la legislazione prevede. La scarsità delle risorse nelle aree marginali rende più disponibili a collaborare per ciò che appare come un bene comune; nasce così l’opportunità di aprire dei cantieri di partecipazione, favorendo un rinnovamento della democrazia nel suo significato sostanziale”.
Un “altro filone promettente”, per il Papa, “è quello delle nuove tecnologie, in particolare il ricorso alle diverse forme di intelligenza artificiale. Stiamo scoprendo quanto possano rivelarsi potenti come strumenti di morte. Possiamo immaginare quanto benefica questa potenza potrebbe risultare se utilizzata non per la distruzione, ma nella logica della cura: cura delle persone, cura delle comunità, cura dei territori e cura della casa comune”.

Parlando della cura, Francesco ha manifestato la sua preoccupazione per “le poche nascite”: “C’è una ‘cultura dello spopolamento’ che viene dalle poche nascite di bambini. È vero, tutti possono avere un cagnolino, ma occorre fare bambini. L’Italia, la Spagna… hanno bisogno di bambini. Pensate che uno di questi Paesi mediterranei ha l’età media di 46 anni! Noi dobbiamo prendere sul serio il problema delle nascite, prenderlo sul serio perché si gioca lì il futuro della patria, si gioca lì il futuro. Fare figli è un dovere per sopravvivere, per andare avanti”. E ha concluso: “Pensate a questo: non è una pubblicità di un’agenzia per le nascite, ma voglio sottolineare il dramma delle poche nascite, che va pensato molto seriamente”.

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