Natale: mons. Brambilla (Novara), “è l’Eucaristia di Gesù che Francesco ha celebrato a Greccio”

“Risale esattamente a ottocento anni fa il presepe di san Francesco. È un presepe ‘vivente’, secondo il racconto del primo biografo del Santo di Assisi, Tommaso da Celano”. Lo ricorda mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, nel messaggio natalizio alla diocesinell’ottavo centenario dall’“invenzione” del presepe.
Secondo il racconto di Tommaso da Celano, ricorda il presule, “il presepe ‘vivente’ di Francesco non rappresenta tanto la scena della nascita, quanto l’Adorazione del Bimbo Divino”. “Egli – prosegue – vuole ‘vedere con gli occhi del corpo’, ma fa preparare una scena che mostri ‘i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato’. Il ‘presepe’ di Francesco è questione di sguardo! Si vede la povertà della greppia, la fragilità della paglia, la compagnia del bue e dell’asino, perché lo sguardo credente contempli il ‘mio Signore e mio Dio’ (Gv 20,28). Si vede un infante nudo e fragile, ma si adora il Dio fatto bambino”. “Gli occhi di Francesco – continua mons. Brambilla – contemplano nella greppia vuota Maria, Giuseppe e Gesù bambino. Il Santo di Assisi non li vede, ma li intravede con l’emozione della meraviglia dei presenti: frati che provengono da tutte le parti, uomini e donne che arrivano festanti dai casolari, portando ceri e fiaccole per illuminare quella notte tersa di stupore”. “Al termine del racconto sul presepe c’è però una sorpresa”, rileva il vescovo: “Il presepe di Greccio non rimane vuoto come una greppia senza personaggi, ma Francesco rende visibile la Presenza per eccellenza, facendo celebrare l’Eucaristia”. “Francesco – racconta Tommaso da Celano – si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme”. “Nessuno – evidenzia mons. Brambilla – aveva mai osato tanto: nel volto del piccolo infante si rivela Dio che si fa bambino, ma un Dio così non può essere sequestrato, non può diventare ostaggio di dolci sentimenti e di storie melense, come nei nostri presepi moderni”. “Non si può ‘s-velare’ completamente la gioia intima del ‘nuovo mistero’, ma va custodita sotto i veli del Dio che, ‘essendo ricco, si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà’ (2Cor 8,9)”. “Sì – conclude il vescovo –, Dio ci arricchisce, ieri come oggi, con la sua povertà, sotto i veli del pane spezzato e del calice condiviso: è l’Eucaristia di Gesù che Francesco ha celebrato con i suoi frati e il popolo santo di Dio a Greccio nel Natale di ottocento anni fa”.

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