Nigeriano ucciso a Civitanova Marche: don Grimaldi (cappellani carceri), “ha subito la violenza dell’aggressore e l’indifferenza della gente”

“La morte innocente dell’ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu di Civitanova Marche riempie il cuore di noi tutti di amarezza, di tristezza e delusione”. Così don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, ha voluto esprimere il cordoglio e lo sconcerto di tutti i cappellani. “La persona uccisa era un uomo povero, un uomo invisibile, che si guadagnava da vivere per dare serenità alla sua famiglia. Un uomo venuto in Italia con la speranza nel cuore portando con sé una storia di sofferenza, di povertà e di dolore. La vita che egli voleva custodire gli è stata sottratta in mondo balordo davanti allo sguardo inerme, pauroso e indifferente della gente”, la considerazione del sacerdote.
“Una tristezza che ci viene anche verso chi ha commesso quell’uccisione per eliminare la vita di un innocente con la scure della violenza, unica arma disponibile. Un uomo accecato dalla rabbia che – semmai inconsapevole – si è fatto forte con un debole. Il fratello nigeriano – osserva don Grimaldi – ha subito un duplice omicidio: la violenza di un aggressore e l’indifferenza della gente. Quell’uomo che ha ucciso, accecato dalla ferocia, non solo ha rinnegato la vita di un fratello, ma con un gesto violento ed inaudito ha distrutto anche il suo stesso futuro e spento la speranza di potersi costruire una vita familiare. Rinchiuso tra le sbarre e dopo aver chiesto ‘scusa’ siamo certi che ripenserà al gesto compiuto”.
Il sacerdote denuncia la “deriva culturale” che “stiamo vivendo in questo tempo nel quale il virtuale prevale su quello reale”.
“L’omicidio consumato sotto lo sguardo indifferente della gente catturata dalla paura e dallo sgomento rende la società complice di questa assurda violenza. Abbiamo assistito ad un atteggiamento inerme per il quale nessuno è stato ‘il buon samaritano’ e nessuno è riuscito a salvare il mal capitato”, evidenzia l’ispettore generale dei cappellani.
Dalla vicenda emerge, perciò, un interrogativo: “Quale messaggio raccogliamo da questa ennesima ed assurda violenza e da questi episodi che si diffondono a macchia d’olio sulle nostre strade? Siamo invitati tutti a non guardarli ‘dal balcone della nostra vita’, dal quale ci riconosciamo di essere solo degli spettatori come è successo a Civitanova delle Marche”.
Secondo don Grimaldi, “c’è un forte bisogno di riportare nel nostro tessuto sociale i veri valori di fratellanza, uguaglianza, solidarietà e condivisione. Il nostro mondo, la nostra società, a volte rinchiusi nell’indifferenza e nell’egoismo, pronto ad innalzare muri di separazione, dovrebbero essere pronti nella difesa della dignità di ogni uomo e donna, al rispetto verso i più deboli e gli indifesi. Questo è il vero patrimonio da difendere e da riconsegnare alle nuove generazioni. Solo così saremo capaci di costruire ‘la civiltà dell’amore’, vero futuro della nostra umanità”.

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