Papa Francesco: all’Angelus, “Dio ci ama nelle nostre fragilità, apriamogli il cuore”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Il fatto che Gesù sia fin dal principio la Parola significa che dall’inizio Dio vuole comunicare con noi, vuole parlarci”. Lo ha detto Papa Francesco, prima della preghiera dell’Angelus, ieri, dalla biblioteca del Palazzo apostolico vaticano, citando il prologo del Vangelo di Giovanni, in cui si legge che “Colui che abbiamo contemplato nel suo Natale, come bambino, Gesù, esisteva prima: prima dell’inizio delle cose, prima dell’universo, prima di tutto. Egli è prima dello spazio e del tempo”. Soffermandosi poi sul fatto che “la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, il Pontefice ha osservato che san Giovanni usa l’espressione “carne” perché “essa indica la nostra condizione umana in tutta la sua debolezza, in tutta la sua fragilità”. “Ci dice che Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità. Dunque, dal momento che il Signore si è fatto carne, niente della nostra vita gli è estraneo. Non c’è nulla che Egli disdegni, tutto possiamo condividere con Lui, tutto”.
Di qui, il messaggio del Papa ai fedeli: “Dio si è fatto carne per dirci, per dirti che ti ama proprio lì, che ci ama proprio lì, nelle nostre fragilità, nelle tue fragilità; proprio lì, dove noi ci vergogniamo di più, dove tu ti vergogni di più”. Nelle sue parole la consapevolezza che “è audace questo, è audace la decisione di Dio”: “Si fece carne proprio lì dove noi tante volte ci vergogniamo; entra nella nostra vergogna, per farsi fratello nostro, per condividere la strada della vita. Si è unito per sempre alla nostra umanità, potremmo dire che l’ha ‘sposata’”. Infine, l’esortazione di Francesco affinché “condividiamo con Lui gioie e dolori, desideri e paure, speranze e tristezze, persone e situazioni”. “Facciamolo, con fiducia: apriamogli il cuore, raccontiamogli tutto. Fermiamoci in silenzio davanti al presepe a gustare la tenerezza di Dio fattosi vicino, fattosi carne. E senza timore invitiamolo da noi, a casa nostra, nella nostra famiglia. E anche – ognuno lo sa bene – invitiamolo nelle nostre fragilità. Invitiamolo, che Lui veda le nostre piaghe. Verrà e la vita cambierà”.

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