Diocesi: Caltanissetta, a Casa S. Barbara partito un progetto di accoglienza di giovani migranti, rifugiati e richiedenti asilo malgrado la pandemia

Casa S. Barbara è il luogo in cui si sta realizzando, a Caltanissetta, un progetto di accoglienza dei giovani migranti, rifugiati e richiedenti asilo, a cura dell’Ufficio diocesano Migrantes, della Caritas diocesana, della parrocchia S. Barbara e dell’Uisg (Unione internazionale superiore generali) che opera da alcuni anni a Caltanissetta dedicandosi all’integrazione dei migranti.
Sei giovani, provenienti da tre diversi Paesi dell’Africa (Nigeria, Mali e Camerun) che parlano lingue diverse e professano diverse religioni (un musulmano e cinque cattolici in questa fase), e un nucleo familiare di due giovani nigeriani, con una bimba di sei mesi, hanno trovato accanto alla parrocchia S. Barbara una casa in cui vivere dignitosamente, seguendo percorsi di formazione e di inserimento lavorativo per conquistare autonomia e vivere responsabilmente l’integrazione.
Oltre ai volontari della Migrantes e all’appoggio della Caritas (guidata da Giuseppe Paruzzo), la parrocchia, storica presenza nel Villaggio S. Barbara costruito nel dopoguerra per ospitare i minatori dello zolfo alla periferia di Caltanissetta, oggi retta dal parroco don Marco Paternò, segue il percorso dei giovani rifugiati, curando la costruzione di rapporti virtuosi con la comunità parrocchiale.
Racconta Donatella D’Anna, direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano: “Sono state coinvolte anche famiglie-tutor, che seguono i giovani come genitori, accompagnandoli nell’integrazione senza sostituirsi ad essi”, promuovendo la loro autonomia con un rinforzo di autostima per superare lo sradicamento di chi ha dovuto abbandonare in un altro continente famiglia ed affetti per tentare un futuro possibile a migliaia di chilometri lontano.
La comunità ha cominciato a funzionare a Casa S. Barbara il 5 marzo, aderendo al Progetto “Apri” di Caritas italiana: “Un segno forte di speranza mentre partiva il lockdown per la pandemia, un segno di apertura nell’obbligo della chiusura, che anche in questa periferia della società sta tessendo i legami della solidarietà, mettendo in pratica quel ‘nessuno si salva da solo’ pronunciato da Papa Francesco nella piazza S. Pietro deserta il 27 marzo, che sta seminando il bene, silenzioso, inarrestabile, efficace”, si legge in una nota.

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