Oltre 260.000 persone, tra cui circa 130.000 minori, restano intrappolate nella città assediata di El Fasher, in condizioni di carestia e con un collasso totale dei servizi sanitari, denuncia Save the Children. L’ong riferisce che la città è sotto assedio da oltre 500 giorni e che le vie d’uscita sicure sono praticamente inesistenti. Umran (nome di fantasia per motivi di sicurezza), 52 anni, operatore che lavora in Sudan da dieci anni per Save the Children e impegnato a supportare le famiglie di El Fasher e del campo di Zamzam, racconta l’orrore vissuto durante la caduta della città: “Ho visto molte persone morire per strada, comprese donne e bambini… l’immagine dei morti lasciati per strada per giorni mi rimarrà impressa per sempre”, dice. Dopo la presa della città da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf), Umran ha percorso due giorni a piedi insieme a famiglie in fuga e ora assiste i sfollati verso Tawila. Secondo fonti Onu citate da Save the Children, circa 26.000 persone sono riuscite a fuggire; i canali di comunicazione restano però interrotti e giungono resoconti di esecuzioni sommarie, attacchi in strada e incursioni casa per casa. L’organizzazione segnala inoltre una grave carenza di cibo, acqua e medicinali e l’impossibilità per gli operatori umanitari di raggiungere in sicurezza le comunità più bisognose. Save the children lancia un appello urgente alla comunità internazionale e ai leader mondiali: è necessario garantire passaggi sicuri e accesso umanitario senza ostacoli per proteggere civili, soprattutto bambini, e prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani. “Assediare le città, affamare le comunità e uccidere civili sono crimini contro la nostra coscienza comune”, afferma Umran.