“Haiti non può morire, Haiti non deve morire! Haiti non deve rimanere un Paese sotto il controllo di gruppi armati che seminano paura e sofferenza nei cuori dei figli di Dio”. È con questo grido di speranza ed esortazione che mons. Max Leroy Mésidor, arcivescovo metropolita di Port-au-Prince e presidente della Conferenza episcopale di Haiti (Ceh), ha concluso l’omelia, durante la messa celebrata al termine della 144ª Assemblea ordinaria della Ceh, tenutasi a Fort-Liberté, secondo quanto riportato dall’agenzia online AlterPresse.
Davanti ai fedeli riuniti nella cattedrale, l’arcivescovo ha tracciato un quadro realistico della situazione nazionale: insicurezza generalizzata, spostamenti massicci di famiglie, scuole e parrocchie chiuse, collasso economico, giovani costretti all’esilio o coinvolti nella delinquenza. Per mons. Mésidor, la speranza non può essere solo un sentimento, ma deve tradursi in azioni concrete. Ha invitato a un dialogo autentico, che richiede una tregua dalla violenza per gettare le basi di una pace duratura. Ha anche esortato a tendere la mano agli sfollati interni, il cui numero supera i 600.000 nel 2025, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. L’arcivescovo ha insistito sulla necessità di investire in modo prioritario nell’istruzione e ha ricordato ai responsabili politici il loro dovere di essere “seme e segno di speranza”: rispettare il loro giuramento, proteggere i beni pubblici, combattere l’impunità e ripristinare la sicurezza. Ai gruppi armati ha chiesto di prendere coscienza “di tutto il male che stanno facendo al Paese” e di rinunciare a seminare morte e paura.