(Torino) Durante la conferenza di presentazione del Festival della Missione, ospitata oggi alla Facoltà teologica di Torino, sono risuonate anche due testimonianze. La prima, di Natalina Isella, suora laica della Congregazione Istituto secolare delle discepole del Crocefisso, che da quasi cinquant’anni è missionaria nella Repubblica Democratica del Congo quale responsabile della casa di accoglienza Ek’abana, da lei stessa creata, situata a Bukavu, nella regione del Kivu, dove accoglie e accompagna in percorsi di sostegno le numerose bambine accusate dai parenti di essere “streghe”. Suor Isella ne ha raccontato le vicende, fra credenze popolari, povertà, violenza, esclusione sociale e varie avversità.
Cesar Piscoya, invece, è un laico peruviano, teologo, collaboratore del Celam, ed è stato segretario esecutivo della vicaria pastorale della diocesi di Chiclayo accanto all’allora vescovo Robert Prevost, oggi Papa Leone. Piscoya racconta i fondamenti della missione secondo Prevost, che descrive come “personalità semplice, umile, sempre vicino alla gente”. Nella diocesi in cui mons. Prevost era vescovo “abbiamo vissuto la sinodalità – afferma –, invitati a mettere sempre al centro la dignità delle persone, la corresponsabilità dei laici per superare il clericalismo”.
Padre Fabio Baldan, provinciale dei Comboniani e presidente della Cimi, ha portato una riflessione sul legame tra Festival e Giubileo del mondo missionario. “Il legame è la speranza. Ci è richiesto di essere gente di speranza, per un futuro diverso, fondato sull’umanità, sull’incontro, sulla pace”. Parlando dei missionari ha poi richiamato la “dimensione del cammino, durante il quale si guarda avanti, verso la meta; si alzano gli occhi verso l’alto. Ma si guarda anche negli occhi chi è vicino, per condividere la strada con chi ci è accanto. Come fanno i missionari”.