“Che bella la Chiesa, che sorpresa accorgersi di come ogni popolo abbia un dono da portare”. In uno dei quartieri più problematici di Milano, nella grande parrocchia della Beata Vergine Addolorata in San Siro, la Pentecoste, Festa delle genti della diocesi di Milano 2025, è questo. Un momento insieme di gioia e di riflessione, fin dal primo radunarsi di tante persone di provenienze diverse, per arrivare al pranzo multietnico condiviso. E tutto con un appello alla pace, cui è dedicata la festa in quest’anno di guerra mondiale “a pezzi”. Nel cuore della mattinata, la celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo, mons. Mario Delpini, presenti tanti migranti, cappellani stranieri, volontari attivi nell’accoglienza, è divenuta così un inno alla speranza che nasce dall’amore reciproco. “Bisogna amare – ha, infatti, detto il presule – quando si è in piena efficienza e quando si vive nell’impotenza; quando si hanno ruoli importanti e quando non si può esercitare nessun ruolo; quando si prestano servizi e amare quando si deve accettare di essere serviti. Amare quando si parlano tante lingue e quando non si riesce nemmeno più a parlare. Amare quando si possono compiere opere meravigliose e quando non si può fare niente”.
Da ultimo, ancora un’indicazione di Delpini relativa all’anno giubilare che stiamo vivendo. “Noi celebriamo oggi, in questo anno santo, il Giubileo della speranza che non è il buon proposito di combinare grandi imprese e di conseguire grandi risultati. La speranza è la fiducia nella promessa di Dio che promette che tutti noi abbiamo la dignità irripetibile di essere figli e figlie di Dio. Dio promette di essere la nostra gioia, la nostra pace. Dobbiamo vivere la Pentecoste dell’anno santo senza immaginare che ci sia qualche evento portentoso che riempia di meraviglia la città. Il grande miracolo, il grande dono di Pentecoste, siamo noi, ciascuno di noi, se accoglie lo Spirito di Dio e si dispone ad amare”.