L’atto celebrativo dell’apertura dell’anno giubilare ” vuole rappresentare qualcosa di più di un semplice rito, perché si apre alla manifestazione della nostra identità di chiesa, popolo di sorelle e fratelli che si riconosce bisognoso di una voce che ci convochi e ci ammaestri, ci inviti al banchetto
dell’Agnello per essere nutriti della sua stessa vita e diventare così seme del Regno pronto a fecondare il mondo con la nostra presenza”. Lo ha detto l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, mons. Giovanni Checchinato, in occasione dell’apertura dell’anno Santo nella Cattedrale di Cosenza sottolineando che in questo anno santo “siamo invitati a cercare e ritrovare la speranza che non
delude”: Maria e Giuseppe “ci insegnano ad affrontare le angosce del mondo con il loro atteggiamento e le loro scelte”. La prima scelta è “accorgersi: e loro si accorgono che Gesù
non è con loro. Non è così scontato accorgersi di quello che succede, c’è bisogno di occhi allenati o di occhi innamorati”. Per il presule cosentino “ci può capitare di essere un po’ impigriti dallo stile di vita a cui siamo abituati; in fondo abbiamo tantissime cose a disposizione, sicuramente molte
più dei nostri genitori o nonni, e questo certamente facilita e velocizza il nostro lavoro; ma qualche volta ci sentiamo un po’ in affanno se dobbiamo muoverci per pensare ipotesi, soluzioni, per creare alternative a quanto sosteniamo non vada secondo le nostre aspettative. La speranza come sfondo permanente della nostra vita ci aiuta a muoverci anche quando tutto attorno sembra paralizzato, o quando siamo tentati di paralisi anche noi”. Nell’omelia – pubblicata sul numero odierno del settimanale “Parola di Vita” – mons. Checchinato indica Maria e Giuseppe come “precursori del Giubileo” insegnandoci che “la speranza che si riceve come dono nel battesimo, va alimentata con la vita, con scelte coraggiose, con il tentare e ritentare come hanno fatto loro”. La scelta proposta dal presule è quella dell’ ascolto del Vangelo, “fatto da solo o assieme, accogliendo le provocazioni che, a distanza di duemila anni, continua a offrirci, sbaragliando le nostre certezze e invitandoci a prenderlo sul serio”. Il giubileo – è l’augurio – deve aitarci a “metterci affianco alle donne e agli uomini della terra e cercare insieme i semi di speranza che Dio continua a gettare nei semi della storia, che spesso sono minuscoli, abitano le realtà periferiche e non conoscono confini di sorta”.