Messico: 2.300 persone sfollate nel Chiapas per scontri tra cartelli della droga. Medina (Caritas), “garantiamo accoglienza e assistenza”

Interi villaggi svuotati, almeno 2.300 persone sfollate e assistite solo dalla Chiesa locale, attraverso la Caritas, in un clima di terrore per la violenza dei cartelli del narcotraffico, che. Scena non nuova per coloro, soprattutto indigeni, che vivono tra i monti dello Stato messicano del Chiapas, al confine con il Guatemala. Ma poche volte si era assistito a un esodo così massiccio, e a una violenza così intensa, a causa, soprattutto, degli scontri per il controllo del territorio tra il cartello di Sinaloa, presente nel Chiapas da molti anni, e il cartello rivale Jalisco Nueva Generación. Centinaia di persone, per mettersi in salvo, sono saliti su imbarcazioni di fortuna e attraversato il vasto lago artificiale di La Angostura per mettersi in salvo.
Il Centro per i diritti umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha parlato, in una nota, di “crisi umanitaria”, che ha portato almeno 2.300 persone in una situazione di sfollamento forzato dai comuni di Chicomuselo, Socoltenango e La Concordia. L’organizzazione ha chiesto che i Governi federale e statale si occupino con urgenza delle vittime dello sfollamento forzato, così come delle cause che lo determinano, e hanno denunciato il fatto che il Governo del Chiapas nega loro lo status di sfollati forzati, definendoli persone in “situazione di vulnerabilità” per eludere la legge in materia nello Stato.
Un’emergenza sempre più grave, come denuncia al Sir Norma Medina, direttrice esecutiva della Caritas diocesana di San Cristobal de las Casas: “La situazione riguarda la zona di frontiera, tradizionalmente luogo di scontri, perché attraverso questa frontiera poco controllata si può trafficare qualunque cosa: non solo droga, anche armi, persone, benzina, In questa zona ci sono anche numerose concessioni minerarie. Questo vale da molti anni, ora però la novità è il duro scontro tra i due principali gruppi armati del narcotraffico. Il cartello di Sinaloa è presente nel Chiapas da vari anni, con la complicità dell’esercito e delle autorità”.
“Il compito della Chiesa – prosegue la direttrice della Caritas – è condividere la situazione della popolazione locale, i blocchi, le minacce. Alcuni cercano di resistere, denunciano, protestano, ma poi sono costretti a fuggire quando la situazione è insostenibile. Ci sono comunità accolte, sistemate, alimentate in alcune zone del territorio diocesano. Il Governo ci assicura che l’esercito garantisce la sicurezza, ma noi sappiamo bene che non è vero. La Caritas cerca di fornire alimenti, vestiti, generi di prima necessità, e poi assistenza sia si carattere psicologico ed emozionale che legale. Una situazione di stabilità al momento è un miraggio, anche in considerazione che si avvicinano le elezioni”, e con esse aumenterà anche la violenza.

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