Guerra: card. Zuppi, “forte preoccupazione per escalation di violenza in Ucraina e Medio Oriente”, “Chiese aboliscano il linguaggio dell’odio e della divisione”

“Chi siamo noi per la nostra gente? Cosa si aspettano da noi? Cosa possiamo fare noi per loro, come credenti e come pastori?”. Sono le tre domande da cui è partito il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino al 24 gennaio. “La pace è quello di cui l’umanità ha più bisogno oggi”, ha esordito il cardinale: “Più volte abbiamo parlato di questo tempo di guerra. Ma dobbiamo farlo, perché è la realtà di oggi e proietta la sua ombra sinistra su tutti”. “Guardando al contesto internazionale, non possiamo non esprimere forte preoccupazione per l’escalation di odio e violenza che, in Ucraina, in Medio Oriente e in moltissime altre parti del mondo, sta seminando morte e distruzione”, l’analisi di Zuppi: “Il rumore delle armi continua ad assordarci; il male della guerra si allarga; la società è come assuefatta al dolore e chi parla di pace è come se gridasse nel deserto. Questo vuol dire che dobbiamo rassegnarci? Mai! Come diceva don Primo Mazzolari, ‘ognuno di noi è un cielo che può dar pioggia o sereno, preparare la guerra o confermare la pace: ognuno di noi è guardiano degli argini della pace’”. “La costruzione della pace è certamente un dovere dei ‘grandi’ della Terra, ma chiama in causa ciascuno di noi”, la tesi del presidente della Cei, secondo il quale “ognuno deve essere operatore di pace, artigiano di pace. Dobbiamo trasformare la sofferenza causata dalla guerra nella nostra sofferenza”. ”Chiedere la pace vuol dire fare nostre le lacrime di tutti i fratelli e le sorelle che soffrono e che vengono privati del loro futuro”, ha spiegato Zuppi: “Vuol dire coinvolgersi personalmente perché solo da cuori pacificati può sgorgare il desiderio di pace; vuol dire – come ha chiesto il Papa all’Angelus di domenica 21 gennaio – sentire ‘la responsabilità di pregare e di costruire la pace’ per i bambini, per i più piccoli, per i più deboli”. “Non dobbiamo stancarci di invocare il dono della pace, di educarci alla pace, a partire dalle nostre case, dalle nostre famiglie, dalle nostre comunità”, il monito di Zuppi: “Le nostre Chiese devono abolire il linguaggio della discordia e della divisione, devono avere parole di pace, chiamando i fedeli a nutrire pensieri e sentimenti di pace”. In quest’ottica, l’iniziativa dell’accoglienza dei bambini ucraini, che si sta realizzando grazie alla Caritas italiana, per il presidente della Cei “può offrire una parola di pace concreta: può essere un’esperienza davvero evangelica perché rende possibile a tutti la solidarietà, genera legami di fraternità e si prende cura degli ultimi, di chi è piccolo e soffre per la guerra senza nemmeno sapere il perché”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori