Pandemia: Rivoltella, “occasione per rinnovare il mondo della scuola”

“Tornare sui banchi di scuola come tutti gli anni, ricominciare, quest’anno, comporta di riflettere sul post-pandemia (se ce la siamo lasciata alle spalle) e di provare a immaginare come dovrà/potrà essere la scuola”. È quanto scrive Pier Cesare Rivoltella, docente di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano su Vita e Pensiero, la Rivista culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per l’esperto il rischio di ‘vagheggiare’ un passato pre-Covid potrebbe rendere infruttuosa l’esperienza della pandemia, che invece si può rivelare l’occasione per rinnovare il mondo della scuola. Rivoltella tratteggiando lo scenario di una scuola che “può imparare dall’emergenza” fornisce tre indicazioni per il futuro molto chiare. La prima: “il tempo e lo spazio scuola. Il tempo va flessibilizzato, va smontata la corrispondenza fissa tra ora di lezione, insegnante e disciplina. Lo spazio va disarticolato, conquistando all’apprendimento luoghi urbani abitualmente non pensati per quello scopo. L’ipotesi è una scuola ad assetto variabile, organizzata per classi aperte, proprio per questo maggiormente disponibile alla personalizzazione”. La seconda indicazione riguardala didattica. “L’insegnamento d’emergenza – spiega Rivoltella – ha consentito di comprendere l’importanza della progettazione esplicita, della valutazione del carico cognitivo da imporre agli studenti, della mediazione didattica. Il problema non è lasciar da parte i contenuti, o eliminare la lezione frontale: si tratta semplicemente di riflettere su come una corretta impostazione metodologica della lezione consenta anche ai contenuti di essere meglio presentati e appresi”. Circa la valutazione, Rivoltella auspica “una nuova cultura della valutazione” che ponga “una nuova attenzione agli studenti, una nuova centralità dell’errore pensato non come vizio da emendare e punire, ma come opportunità per rendere gli apprendimenti profondi”. Ultima indicazione: il digitale. A questo riguardo occorre lavorare alle dotazioni, per eliminare ogni rischio di divario o difficoltà di accesso. Per il docente “occorre lavorare alla realizzazione di una scuola organizzata in modo flessibile per garantire modelli didattici a elevata variabilità, tra presenza e distanza, ma sempre con l’attenzione ai bisogni di studenti e famiglie e alle specificità dei contesti. Il digitale non è strumento o frontiera del nuovo. Il digitale è parte della cultura nostra e dei nostri ragazzi. Per la scuola, accettarlo e integrarlo non è questione di cambiamento ma di attualità: la scuola ha il dovere di essere contemporanea, non si può permettere di essere inattuale. Passa da qui, dalla sua contemporaneità, la possibilità che riesca a fornire ai ragazzi le chiavi di accesso alla loro cultura”.

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