Coronavirus Covid-19: card. Zenari (Siria), “diffusione del contagio sarebbe catastrofe. Sfollati e carcerati i più vulnerabili”

(foto SIR/Marco Calvarese)

“Dobbiamo cercare di farci trovare preparati ad una diffusione del contagio per  questo stiamo cercando di reperire dei respiratori polmonari e dispositivi di protezione”: è quanto dichiarato al Sir dal nunzio apostolico in Siria, il card. Mario Zenari, in merito alla diffusione del coronavirus in Siria. Al 2 aprile i casi accertati sono 16 e due i decessi. Per arginare il contagio le autorità del Paese hanno emanato, ormai dal 12 marzo, numerose misure restrittive fino al coprifuoco. In Siria, entrata nel decimo anno di guerra, si combatte ancora nell’area di Idlib dove è in corso una gravissima crisi umanitaria. Il nunzio dal 2017 ha avviato, grazie al supporto della Fondazione Avsi, il progetto “Ospedali Aperti” per assicurare l’accesso gratuito alle cure mediche ai siriani poveri, attraverso il potenziamento di tre ospedali cattolici non profit: l’Ospedale Italiano e l’Ospedale Francese a Damasco e l’Ospedale St. Louis ad Aleppo. Il progetto ad oggi ha fornito oltre 33700 trattamenti a persone povere. Ora, dopo la guerra, bisogna pensare di contenere anche il coronavirus. “Una diffusione del contagio sarebbe una vera catastrofe, non solo per la popolazione ma anche per i medici e gli operatori sanitari”, spiega il nunzio che conferma quanto già detto a fine marzo dall’inviato Onu per la Siria, l’ambasciatore Geir Pedersen, al Consiglio di Sicurezza. “ Al momento attuale siamo del tutto impreparati. Preghiamo che questa epidemia non si estenda anche in Siria. Sarebbe come cercare di tamponare con una mano una diga che fa acqua”. Il nunzio si dice preoccupato anche per i 6 milioni di siriani sfollati interni e i carcerati, “i più vulnerabili”: “Bisogna pensare anche a dove e come vivono. Ce ne sono almeno un milione dentro campi di fortuna carenti del tutto dal punto di vista igienico e sanitario. Come possiamo pretendere da questa povera gente che si lavi le mani più volte al giorno se non ha nemmeno l’acqua da bere? Pensiamo, poi, anche ai detenuti nelle carceri. Anche per loro, in questa fase di diffusione del virus, è urgente un gesto di buona volontà da parte di tutte le parti in lotta che li tengono prigionieri”.

 

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