Salute, ambiente, lavoro: mons. Redaelli (Cei), “la prima tutela è la pace”

“La prima tutela per l’ambiente, per la salute e per il lavoro produttivo dell’uomo è la pace. E la tutela dell’ambiente e anche della salute porterebbero tra l’altro ancora più lavoro e più sviluppo tecnologico e scientifico. Il problema che i soldi per le armi e la guerra si trovano sempre, per l’ambiente e per la salute con molta più difficoltà”. A dirlo, oggi pomeriggio a Ferrara, l’arcivescovo di Gorizia e presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute della Cei, mons. Roberto Maria Redaelli intervenendo al convegno “‘Tutto è connesso’ – Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro” promosso da alcuni Uffici Cei a dieci anni dalla pubblicazione dell’enciclica “Laudato si’”. Trattando il tema “Proteggere il mondo senza depredarlo” il presule ha detto che salute, ambiente e lavoro “non sono realtà contrapposte o in possibile e spesso reale contrasto, ma realtà che possono essere in sinergia tra di loro. La salute può essere minacciata dall’ambiente inquinato e a sua volta l’ambiente può essere inquinato dal lavoro; la salute può essere compromessa dal lavoro; ma a sua volta il lavoro essere messo in difficoltà dal rispetto della salute e dell’ambiente”. A queste tre realtà nella “tragica situazione che oggi stiamo vivendo” il presule aggiunge la parola pace: “se non c’è pace, l’ambiente è compromesso e viene spesso letteralmente distrutto. Se non c’è pace, non solo la salute ma la vita stessa viene annientata. Se non c’è pace, il lavoro diventa solo quello degli eserciti, dei fabbricanti di armi e in una prospettiva lontana quello della ricostruzione”. La guerra – ha sottolineato mons. Redaelli – è “davvero il contrario della protezione del mondo e di chi ci abita e non è neppure un depredarlo, ma distruggerlo. E per anni e anni”. Le guerre “lasciano tracce nell’ambiente naturale e umano (purtroppo realmente esplosive…) per decenni. Per non parlare delle ferite che lasciano nel cuore delle persone, ferite che spesso sono lutti, depressioni, rimorsi, ma anche odio, rancore, desiderio di vendetta”. Mons. Redaelli sottolinea un paradosso legato all’industria della guerra: “si dice che – ha detto – comunque porta lavoro e anche a nuove scoperte e a ritrovati tecnologici che serviranno anche in ambito civile. È vero. Ma tutto questo con lo scopo di distruggere. È come dire che una pandemia porta lavoro e tecnologia: certo, aumenta il lavoro degli ospedali e di chi produce medicinali, apparecchi medicali, ecc. e anche fa crescere la tecnologia”. “Riconciliare salute, ambiente e lavoro nella pace: questo potrebbe essere – ha concluso – il nostro impegno con uno sforzo di protezione, ma anche di riparazione. E con il desiderio di trasmettere anche a proposito di questi beni – salute, ambiente, lavoro nella pace – qualcosa di bene alle generazioni future”.

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