Corpus Domini: mons. Cannistrà (Pisa), “abbiamo bisogno di ritornare all’Eucaristia per essere cristiani e per essere Chiesa”

(Foto Gabriele Ranieri per diocesi di Pisa)

“La solennità che oggi celebriamo ci invita a contemplare il mistero della presenza del Signore nella sua Chiesa con il suo Corpo e il suo Sangue. Questa festa, istituita nel XIII secolo, in un contesto culturale e spirituale ben diverso dal nostro, non ha però perso di attualità. Abbiamo bisogno di ritornare all’Eucaristia per essere cristiani e per essere Chiesa. Se in Italia il 70-80% della popolazione continua a dichiararsi cattolico e poco più del 10% partecipa alla celebrazione eucaristica, vuol dire che abbiamo perso qualcosa di essenziale nella nostra coscienza di credenti, ossia qualcosa senza la quale cambia la stessa identità del cristiano”: lo ha detto l’arcivescovo di Pisa Saverio Cannistrà, che ha presieduto ieri pomeriggio, nella cattedrale di Santa Maria Assunta, la concelebrazione eucaristica in occasione della solennità del Corpus Domini.
Durante la celebrazione il presule ha conferito il mandato di ministri straordinari della Comunione a dieci laici. Un posto in prima fila lo hanno trovato i bambini delle parrocchie di Santo Stefano, I Passi, Gagno e Santa Caterina d’Alessandria che quest’anno hanno ricevuto per la prima volta l’Eucaristia.
“È chiarissimo – ha osservato l’arcivescovo di Pisa – il collegamento tra la celebrazione dell’Eucaristia e l’annuncio del Vangelo: celebrando l’Eucaristia, annunciamo la morte del Signore, ossia – per esprimerci in modo più esplicito e completo – annunciamo l’amore di Dio fino al limite estremo, fino alla morte del Figlio. Questa morte è insieme fine di un’era e inizio di una tappa nuova nella storia, che proprio l’Eucaristia inaugura e manifesta ‘finché egli venga'”. Nell’Eucaristia, ha proseguito mons. Cannistrà, “veniamo assimilati alla morte del Signore e introdotti nella sua vita risorta in attesa di essere anche noi trasformati pienamente in Lui, come il pane e il vino sono trasformati nel suo Corpo e Sangue. Per comprendere come questo processo di trasformazione possa estendersi dal pane e vino eucaristici al nostro corpo e sangue, alla nostra vita, ci è di grande aiuto il racconto del Vangelo di Luca. Gesù si trova di fronte a una folla enorme: cinquemila uomini, a cui si aggiungono le donne e i bambini. Sono persone che lo seguono perché – come dice l’evangelista – ‘hanno bisogno di cure’ (Lc 9,11) e Gesù si prende cura di loro, non solo guarendole fisicamente, non solo istruendole con le parole. Gesù vuole dare loro la vita. Quando dice ai suoi discepoli: ‘Voi stessi date loro da mangiare’, sta dicendo: date loro di che vivere, perché il cibo non è altro che il simbolo fisico, corporeo di ciò che ci mantiene in vita. I discepoli non sono solo coloro che vengono istruiti e guariti da Gesù: sono coloro che vengono nutriti da Gesù, che vivono la vita ricevuta da Gesù, e ciò li rende capaci, a loro volta, di nutrire e di comunicare vita. Capite che se manca questo passaggio, questa modalità di relazione con Gesù, il cristianesimo diventa un’altra cosa: diventa una forma di dottrina religiosa esoterica o di insegnamento morale, ciò che in termini più tecnici si chiamerebbe gnosticismo o pelagianesimo”.
Dalla cattedrale il Santissimo Sacramento (scortato da un baldacchino) è stato portato in processione fino alla chiesa di Santa Caterina, per la benedizione finale.

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