Sinodo: “posizioni diverse” sul diaconato femminile, sì a “reciprocità”. No a “clericalismo, maschilismo e abusi”

Uno dei temi più controversi al Sinodo sulla sinodalità è stato quello dell’acceso delle donne al ministero diaconale, sul quale “sono state espresse posizioni diverse”, si legge nella Relazione di sintesi discusso a conclusione della prima fase. Il relativo paragrafo del documento, infatti, ha registrato il maggior numero di “no”, rispetto alle questioni da affrontare, dai 365 votanti: 69 no contro 277 sì. “Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione”, si spiega nel testo: “Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa. Alcuni esprimono il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo”. Il dibattito a riguardo, si fa notare nella relazione, “è anche connesso alla più ampia riflessione sulla teologia del diaconato”. “Le Chiese di tutto il mondo hanno formulato con chiarezza la richiesta di un maggiore riconoscimento e valorizzazione del contributo delle donne e di una crescita delle responsabilità pastorali loro affidate in tutte le aree della vita e della missione della Chiesa”, uno dei risultati del dibattito sinodale: di qui la necessità di chiedersi “come la Chiesa può inserire più donne nei ruoli e nei ministeri esistenti” e interrogarsi sulle “modalità” di eventuali “nuovi ministeri”. Tra le proposte alle Chiese locali, quelle di “allargare il loro servizio di ascolto, accompagnamento e cura alle donne che nei diversi contesti sociali risultano più emarginate” e “garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero”, sulla scia di quanto il Papa ha fatto inserendo un numero significative di donne in posizioni di responsabilità nella Curia Romana. “Clericalismo, maschilismo e un uso inappropriato dell’autorità continuano a sfregiare il volto della Chiesa e danneggiano la comunione”, il monito contenuto nella relazione: “È necessaria una profonda conversione spirituale come base per qualsiasi cambiamento strutturale. Abusi sessuali, di potere ed economici continuano a chiedere giustizia, guarigione e riconciliazione. Chiediamo come la Chiesa possa diventare uno spazio capace di proteggere tutti”. “Evitare di ripetere l’errore di parlare delle donne come di una questione o un problema”, l’altra indicazione di rotta del documento: “Desideriamo promuovere una Chiesa in cui uomini e donne dialogano allo scopo di comprendere meglio la profondità del disegno di Dio, in cui appaiono insieme come protagonisti, senza subordinazione, esclusione, né competizione”.

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