San Lorenzo: card. Betori (Cet) a Grosseto, “il martirio non si può ridurre a una lotta tra il bene e il male”, ma “il punto d’approdo di un cammino di assimilazione a Cristo”

“San Lorenzo muore martire nell’agosto del 258, nella persecuzione dell’imperatore Valeriano, subito dopo il martirio del Papa Sisto II. Primo dei sette diaconi della chiesa di Roma, a Lorenzo erano affidati i beni della Chiesa per soccorrere i bisognosi. Egli li vende per sottrarli alla confisca da parte dell’imperatore, distribuendo il ricavato direttamente ai poveri, che vengono quindi presentati al persecutore come i tesori della Chiesa”. Lo ha ricordato, ieri sera, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana (Cet), al termine della processione di San Lorenzo a Grosseto, di cui il santo è patrono, dopo aver impartito la benedizione solenne sulla città e sulla diocesi con la reliquia di San Lorenzo.
“Sottoposto ai tormenti del martirio, Lorenzo resta fedele a Cristo, sprezzando i suoi persecutori. L’esercizio della carità della Chiesa verso i poveri si svela come parte della carità della Chiesa verso Cristo, che ne è la sorgente, e quindi di fedeltà a lui – ha aggiunto il porporato -. Il senso del martirio non si può ridurre a una lotta tra il bene e il male. Il martirio è piuttosto il punto d’approdo di un cammino di assimilazione a Cristo, in cui il martire fa sua la logica della Pasqua, secondo cui solo passando attraverso la perdita di sé si può giungere alla pienezza della vita”.
Secondo il cardinale, “l’immagine suggestiva del seme di grano, che solo perdendo se stesso nel terreno può dare vita al frutto della spiga piena, illustra con chiarezza il senso di questa logica pasquale che è il segreto di Gesù e dei suoi discepoli. Non si tratta dunque di un disprezzo della vita – questa è piuttosto la logica dei kamikaze e dei terroristi –, ma della scoperta della strada che conduce alla sua pienezza.
Dietro c’è la convinzione che il senso della vita è raggiunto solo nell’orizzonte del dono di sé, come manifestazione piena dell’amore. Ne consegue che la logica della Pasqua, se si manifesta in modo tutto specifico nel martirio, è però principio che regge tutta la vita del discepolo di Gesù”.

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