Afghanistan: Emergency, “ospedale pieno, possiamo accogliere solo pazienti in pericolo di vita”

Nelle ultime 24 ore 63 pazienti, di cui 9 morti all’arrivo – 4 dei quali provenienti dagli scontri avvenuti all’aeroporto di Kabul – sono arrivati al Centro chirurgico per vittime di guerra di Emergency. Di questi solo 8 sono stati ammessi, in condizioni estremamente gravi. “L’ospedale, infatti, è pieno e sono stati ristretti i criteri di ammissione: solo pazienti in pericolo di vita, con gravi traumi e ferite letali”. Sono gli ultimi aggiornamenti di Emergency sulla situazione in Afghanistan. “Nonostante i pazienti continuino ad arrivare, la situazione in città sembra più tranquilla di qualche giorno fa, anche se non sappiamo bene come si evolverà. Accanto alla nostra guesthouse è stato posizionato un checkpoint: i passanti vengono fermati e controllati da persone armate. Durante la notte abbiamo sentito numerose raffiche di kalashnikov nel nostro distretto”, racconta Alberto Zanin, coordinatore medico di Emergency a Kabul. Dei 63 pazienti arrivati 46 hanno ricevuto le cure di primo soccorso nell’ospedale di Emergency e sono stati poi trasferiti in altri centri sanitari della città. In questo momento nel Centro chirurgico di Emergency ci sono 99 pazienti, 14 sono i posti liberi per far fronte ad ulteriori emergenze che potrebbero arrivare durante il giorno. La terapia intensiva è completamente piena. “Il mondo sta finalmente guardando e si trova davanti uno scenario inammissibile. I media mondiali mostrano la disperata fuga degli afgani dal loro Paese a seguito della fuga dei diplomatici occidentali. Distruzione, caos e disperazione: questa è l’eredità lasciata dalla guerra, questo è quello che abbiamo sempre visto dal nostro punto di osservazione”, ossia “una ‘guerra al terrorismo’ che si è poi trasformata in una ‘missione per la democrazia’, clamorosamente fallita. La presenza militare non è mai stata la soluzione, è anzi l’origine del problema”, dichiara Rossella Miccio, presidente Emergency. “Come se non bastasse – aggiunge – il presidente americano se ne lava le mani: difende il ritiro delle truppe dopo venti anni di occupazione militare sostenendo che non fosse il compito degli Stati Uniti ricostruire il Paese e confermando il totale disinteresse per il destino del suo popolo”.

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