Ru486: Lulli (ginecologa), “nuove linee guida prive di scientificità e nemiche delle donne”

“Un modo per banalizzare e mimetizzare ulteriormente l’aborto confinandolo nel privato e scaricandone tutto il peso sulle spalle della donna”. Obiettivo, risparmiare sulla spesa sanitaria ma anche “sollevare molti ginecologi non obiettori da un intervento chirurgico che iniziano ad avvertire come fatica psicologica, emotiva e morale”. È l’opinione di Emanuela Lulli, ginecologa, medico di medicina generale e consigliere nazionale di Scienza & Vita, che commentando in un’intervista al Sir le nuove linee di indirizzo per l’aborto farmacologico indotto con la pillola Ru486, emanate dal ministero della Salute lo scorso 13 agosto, scandisce senza giri di parole: “Queste linee guida sono prive di scientificità e nemiche delle donne. Temo siano frutto di un lavoro a tavolino da parte di medici, biologi a farmacologi ‘da salotto’ che non hanno alcuna idea di cosa significhi stare accanto alle donne”.
Anzitutto, osserva, “vanno oltre la 194, legge a mio avviso cattiva, ma che stabilisce che l’interruzione volontaria di gravidanza debba avvenire in ambito ospedaliero. Oltre a questo, che è già grave, mi colpisce l’assoluta lontananza dalla donna e dal suo dolore”. Inoltre, “se l’Ivg chirurgica fa male al piccolo e alla madre, queste nuove linee guida mietono un’altra vittima minando dal punto di vista morale, culturale e sanitario l’idea e la percezione della gravità dell’aborto”. Secondo Lulli, dietro c’è non solo “un discorso di taglio di costi assistenziali legati al ricovero e all’intervento, ma anche la “fatica” di molti “ginecologi chirurghi, stanchi del peso psicologico, emotivo e morale che comporta il ‘fare a pezzi’ una nuova vita”. “A nove settimane – spiega – la morfogenesi del piccolo è completata: il feto ha un cuore che batte da diverse settimane, ha la testa, il tronco, tutti gli arti. È molto crudo dirlo, ma spesso non esce intero, ma a pezzettini… Non tutti gli operatori sanitari riescono a uscire interiormente indenni da questa procedura. Ne conosco diversi che, magari dopo anni, hanno dichiarato di non essere emotivamente più in grado di proseguire”.

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