“L’intelligenza artificiale, oggi, è anche uno strumento di abuso. Le tecnologie più avanzate, progettate per migliorare la vita, vengono impiegate per creare immagini pedopornografiche, alterare fotografie di minori, manipolare conversazioni e generare rapporti simulati capaci di aggirare la vigilanza degli adulti e la consapevolezza stessa dei bambini”. Lo scrivono il cardinale presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, e il segretario generale, mons. Giuseppe Baturi, nel messaggio inviato a don Fortunato Di Noto, presidente dell’associazione Meter, in occasione della presentazione, questa mattina a Roma presso la sede della Cei, del Dossier “Intelligenza artificiale. Conoscere per prevenire, dalla pedopornografia al deepnude”, realizzato da Meter.

“Siamo davanti a una nuova forma di violenza: digitale, invisibile, ma non per questo meno traumatica – si legge nel messaggio all’incontro promosso dal Copercom -. Le vittime sono minori esposti, spesso senza saperlo, a una rielaborazione delle proprie immagini che li priva della dignità, del controllo e del diritto alla propria corporeità”. “Anche in ambito internazionale si registra un crescente allarme. Purtroppo, la mancanza di definizioni giuridiche condivise su cosa debba intendersi per “pedopornografia virtuale” o “immagine sintetica abusante” rende estremamente difficile il coordinamento tra Stati. A questo si aggiunge la diffusione di reti peer-to-peer e l’uso di sistemi di crittografia end-to-end che ostacolano le indagini e richiedono forme di cooperazione giudiziaria più rapide e tecnicamente aggiornate”. “Per questo – sottolineano Zuppi e Baturi -, la presa di coscienza deve essere operativa. Rinnoviamo dunque gli appelli già rivolti da Papa Francesco e Papa Leone XIV a non calpestare il valore e la dignità della persona umana. È fondamentale che le autorità competenti aggiornino il quadro normativo per sanzionare con adeguata severità anche gli abusi virtuali; che le piattaforme digitali e i fornitori di servizi IA siano legalmente responsabili dei contenuti generati e distribuiti attraverso i loro sistemi; che le scuole e le famiglie siano sostenute da percorsi formativi mirati, capaci di affrontare con realismo e competenza i nuovi rischi”.
Per il presidente e per il segretario generale Cei la tecnologia “non è il nemico. L’indifferenza, invece, sì! E prima ancora, lo è ogni visione della persona umana che nega la sua integralità, riducendola a oggetto manipolabile, frammentabile, smontabile in dati”. “Ogni adolescente porta con sé una storia non codificabile, un nucleo di fragilità e desiderio che nessun algoritmo può simulare senza profanarlo”. Di qui l’appello di Zuppi e Baturi “a tutte le componenti della società civile – legislatori, educatori, genitori, operatori dei media e sviluppatori di tecnologie – affinché si riconosca, senza esitazioni, che la tutela dell’infanzia è il metro con cui si misura una civiltà. La Chiesa, per parte sua, continuerà a farsi carico di questa responsabilità, promuovendo con determinazione un discernimento pubblico che non separi mai l’innovazione dalla giustizia, la potenza dalla cura, la tecnica dalla coscienza”. Importante “formare una sensibilità attenta e vigile, capace di riconoscere nei linguaggi digitali non solo uno strumento pastorale, ma anche un campo di responsabilità morale. In questa direzione – conclude il messaggio – , il dossier dell’Associazione Meter non è solo una denuncia: è una chiamata… alla coscienza, alla coerenza e alla scelta”.