Diocesi: mons. Pennacchio (Fermo), “l’ospitalità vissuta come fraternità ha sempre rappresentato un ponte tra le persone, i popoli e le culture”

L’arcidiocesi di Fermo ha designato cinque chiese come luoghi giubilari, offrendo ai fedeli, attraverso un pellegrinaggio, la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria senza recarsi a Roma: la basilica metropolitana di Fermo (cattedrale di Santa Maria Assunta), il santuario della Madonna dell’Ambro (Montefortino), il santuario di Santa Maria Apparente (Civitanova Marche), il santuario di San Serafino (Montegranaro), la chiesa di Santa Maria al Chienti (Montecosaro). Lo ricorda l’arcivescovo di Fermo, mons. Rocco Pennacchio, nel suo messaggio agli operatori nel settore turistico, in vista dell’estate. “Qualcuno potrebbe forse dire – osserva il presule – che sono manifestazioni di un tempo passato, non più attuali. Sono certo, invece, che questa occasione per fare esperienza quasi ‘a chilometro zero’ della misericordia di Dio, verrà accolta volentieri da tutti voi e dai vostri ospiti”.
“Se osserviamo i segni dei tempi, non possiamo negare la necessità di impegnarci tutti perché le differenze non si trasformino in disuguaglianze ed ingiustizie. L’urgenza di un ripristino relazionale autentico tra le persone e tra i popoli, attraverso modalità di dialogo e di rapporti ‘disarmate e disarmanti’, è dimostrata non solo dai fatti bellici di una guerra globale ‘a pezzi’ ma anche da una crescita incontenibile di linguaggi e atteggiamenti di prevaricazione e di violenza che riscontriamo anche nella vita sociale e lavorativa. Oggi più che mai siamo poi chiamati ad accoglierci, rispettarci e perdonarci reciprocamente per interrompere l’escalation di violenza che rischia di trasformarsi in una normalizzazione dell’odio reciproco”, evidenzia l’arcivescovo, per il quale “il tempo delle ferie, delle vacanze e della festa ha proprio il compito di ridurre la compressione che tutti sentiamo addosso. Anche l’Anno giubilare ha questo fine, quello di riportare a vivere una speranza fattiva e concretamente operante che influisca nelle decisioni e nei comportamenti di ogni persona e dell’umanità intera. In fondo siamo tutti pellegrini con il desiderio di ‘fare casa’, di trovare un luogo dove sentirci accolti al di là dei nostri pregi e difetti, meriti e demeriti; l’ospitalità vissuta come fraternità, in particolare la mensa, ha sempre rappresentato un ponte tra le persone, i popoli e le culture, un vero segno di speranza”.
“Ciascuno di noi, in questo modo, ha la possibilità di divenire un operatore di speranza per l’altro, in particolar modo nel mondo della propria attività professionale in cui ciascuno è chiamato a valorizzare l’umanità dell’altro evitando di vederlo solo come una risorsa economica e di arricchimento. L’altro è anch’esso appartenente a quell’unica umanità di cui facciamo tutti parte e che abita questa unica terra che ci è affidata in custodia come bene comune da preservare per le prossime generazioni”, conclude mons. pennacchio, invitando a “imparare ad incoraggiarci e stimarci a vicenda in questo lavoro di costruzione della fraternità universale”.

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