Mercato del lavoro: Dispenza (Acli), “necessario costruire nelle aziende percorsi che tengano insieme le generazioni”

“È necessario, anche attraverso le politiche europee, riuscire a costruire nelle aziende – e quindi nei contesti lavorativi – dei percorsi che tengano insieme le generazioni. Di questo se ne parla da anni ma poi, purtroppo, nella concretezza sono percorsi che fanno fatica ad andare avanti o anche solo a partire, perché c’è la tendenza da parte di chi gestisce le risorse umane sia per motivi economici, mandando in pensione per poter ridurre i costi, sia a livello pratico, per la difficoltà e la fatica che comporta, a non dedicarsi all’incontro tra le generazioni”. Così Raffaella Dispenza, vicepresidente nazionale vicaria delle Acli, commenta al Sir i dati dell’Employment Outlook 2025 esposti ieri da Andrea Bassanini, senior economist dell’Ocse, in un incontro svoltosi al Cnel. “In Italia – ha spiegato Bassanini – la crescita occupazionale ha registrato un incremento dell’1,7% su base annua a maggio 2025. Questa crescita è stata trainata, in particolare, dalle persone di oltre 55 anni d’età. Tuttavia, l’occupazione degli italiani di età compresa tra i 60 e i 64 anni rimane notevolmente inferiore alla media Ocse. In questa fascia d’età il tasso di occupazione italiano era pari al 47% nel 2024, contro il 56% della media Ocse. Circa la metà dei Paesi Ocse ha tassi che vanno oltre il 60%”.
Ricordando che “le problematiche del mercato del lavoro sono ampie e complesse”, Dispenza sottolinea che “la questione è non mettere in contrasto le diverse generazioni”; “non è che se noi teniamo di più gli anziani al lavoro – spiega – allora stiamo contrastando l’inserimento dei giovani. Mi pare che un po’ lo dicano anche i dati sulle situazioni demografiche e le problematiche legate più al mismatching che si registra nel mercato del lavoro, tra competenze che sono richieste e quelle che sono offerte”. “Bisognerebbe lavorare di più sull’incontro tra le generazioni, come dicono tutte le indicazioni delle direttive”, prosegue la vicepresidente nazionale vicaria delle Acli. Invece, da un lato “gli studi ci dicono che molte aziende cercano di trattenere realmente le persone perché, dopo una certa età o comunque raggiunto un livello di competenza e di capacità di muoversi all’interno dell’organizzazione, è più efficace che l’inserimento di giovani” ; dall’altro “si registra anche la difficoltà che alcune persone fanno a stare dentro l’organizzazione perché si ritrovano con persone più giovani in posizione gerarchicamente superiore. Quindi si fa fatica”. Per evitare che “una generazione tolga il posto all’altra” bisognerebbe “fare in modo che l’incontro tra ‘giovani’ e ‘anziani’ minimizzi i punti di debolezza e massimizzi i punti di forza” attualmente presenti; per questo servono “processi curati in un modo più attento, più raffinato, per fare sì che il lavoro continui ad essere una dimensione centrale per le persone, a prescindere dall’età”. Non dimenticando che “i giovani fanno fatica a entrare nel mondo del lavoro. Ma fanno fatica anche a rimanerci, perché a volte il lavoro non corrisponde alle aspettative che loro hanno”. Per Dispenza, la questione cruciale è la “qualità dei processi lavorativi” e “come le organizzazioni lavorative gestiscono le persone”.

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