“Lo stigma, il pregiudizio” nei confronti dei Rom e Sinti “sono un vissuto reale entrato anche nell’atteggiamento della comunità ecclesiale, a parte alcune eccezioni di persone che hanno abbattuto il muro di separazione – psicologico, prima che fisico, e relazionale – che si sono trasferite a vivere in mezzo alle comunità rom”. Lo ha detto oggi a Roma mons. Benoni Ambarus, vescovo ausiliario della diocesi di Roma, intervenendo durante la presentazione al Senato del Rapporto annuale 2024 sulla condizione delle comunità rom e sinte in Italia dell’Associazione 21 Luglio. Il vescovo ha raccontato dell’esperienza di comunità ecclesiali “che accolgono le comunità rom che lavorano come centri di ascolto e danno una risposta emergenziale a bisogni primari”, una sorta di “desk di pronta accoglienza”. Da questa “pronta accoglienza – ha osservato – si realizzano spazi interlocutori e di una relazione più allargata, di un maggior contatto”. Mons. Ambarus ha invitato a “fondare questa azione su alcuni elementi: veicolare un linguaggio altro è il primo di questi elementi, che parta non dall’etnicità ma dalla fratellanza. Reputo che nelle comunità cristiane ci sia lo spazio più adatto per lavorare sul linguaggio”, perché esso “imprime anche un comportamento, plasma le azioni”.
A suo avviso bisogna “coltivare l’atteggiamento dell’accoglienza preventiva: come quando un bambino scopre che non è stato voluto dai suoi genitori, non è stato desiderato, quando arrivi in un posto ma non sei stato atteso… Quando sai di essere atteso, ti sblocchi, fiorisci. Ci si accoglie reciprocamente”. “Per me queste persone sono un insegnamento di vita”, ha concluso.